Pdl, Alfano rimanda lo strappo: tregua armata col Cav
La strategia del segretario: rallentare la scissione, aspettare che Silvio sia fuori gioco e allargare la truppa di frondisti
Le diverse anime del Pdl siglano una tregua armata. Il redde rationem, la conta interna, lo spacchettamento, è solo rinviato. I duri e puri del partito incassano la sconfitta e guardano storto alla nuova fiducia incassata da Letta, arrivata proprio quando Silvio Berlusconi sembrava pronto allo strappo definitivo. Le colombe, invece, ovvero gli alfaniani, brindano per il successo ottenuto, sicuri di aver messo in minoranza i falchi. Il punto, però, è che il Pdl è spaccato. A ricomporre i cocci ci provano, tra mille sospetti e nuovi rancori, proprio il Cavaliere e Alfano. Un vertice serale a Palazzo Grazioli, iniziato dopo il voto di fiducia a Letta alla Camera. Presenti tutti i big azzurri. Ma la partita si gioca tra l'ex premier e il segretario. Si discute di una difficile tregua. L'alternativa è la scissione, con i nuovi "gruppi-cuscinetto" pronti a sostenere Letta (che, in verità, sembrano già cosa fatta). Lo scenario - Il malumore è diffuso. I falchi storcono il naso per il cambio di rotta repentino di Berlusconi: temono di perdere spazio e potere, tanto che avrebbero immediatamente iniziato una sorta di conta interna per dimostrare che la maggioranza sono ancora loro, i berlusconiani (che, però, si sentono un po' traditi da Berlusconi stesso). La palla, ora, e forse per la prima volta, è in mano ad Alfano. Secondo le indiscrezioni che arrivano da Palazzo Grazioli, il segretario non vuole rompere subito. Si sigla una sorta di tregua armata. Lo scontro è duro, e le colombe sono ben consapevoli che tra pochi giorni Berlusconi subirà altre mazzate: la decadenza, l'interdizione e gli arresti domiciliari (o i lavori sociali). I falchi, insomma, resteranno senza leader. Perderanno potere negoziale. Certo, potranno rifugiarsi nella nascente Forza Italia, magari sperando nella scesa in campo di Marina, l'unico nome che sembra in grado di riprendere il controllo della situazione. Ed è in questo contesto, dunque, che Alfano attende. Rimanda il redde rationem, lo scontro finale. Il segretario, pronto a un patto di legislatura con Letta, deve però guardarsi le spalle non solo dai falchi, ma anche dal Pd, che spinge per una "azione chiara e forte". Il rischio, per l'ex Guardasigilli, è di bruciarsi accelerando i tempi dell'incombente scissione. I movimenti - Per questa serie di motivi, dal vertice, sarebbe emersa la decisione di frenare sulla nascita di nuvoi gruppi. Il segretario, primo alleato di Letta, li vuole creare per garantire margine d'azione al governo. Ma non subito. Bensì quando, con il Cav fuori dai giochi, magari anche altri "pezzi da novanta" del partito andranno a bussare alla sua porta, alla porta di un gruppo di cui è di fatto fondatore, e leader. Chi non ci sta andrà in Forza Italia, e chi in Forza Italia non ci vorrà più stare dovrà rivolgersi ad Alfano. Angelino, inoltre è convinto che evitare la spaccatura permetta di far crescere la fronda che nel Pdl vuole affrancarsi dai falchi, abbandonandone le posizioni ritenute estremistiche. Il segretario e i suoi fedelissimi cercano anche di conquistare i vertici e le posizioni strategiche del Pdl: obiettivo, impedire nuovi ed estremi colpi di coda del Cavaliere. E per tenere sotto controllo Berlusconi è meglio restare uniti, almeno per ora. C'è infine un'ultima voce che circola nei palazzi romani: si parla di un documento di unità a cui starebbero lavorando dei big azzurri. L'obiettivo a cui punterebbero il segretario e l'ala moderata sarebbe quello di trasformare il Pdl in un soggetto simile al Ppe, senza però dare vita a un'aggregazione con i centristi. Insomma, nessuna "nuova Dc", magari con Enrico Letta, di cui si comincia a chiacchierare. Al contrario, un soggetto moderato con cui sfidare Renzi. Ma per farlo sorgere, Alfano ne è convinto, è meglio ritardare lo strappo definitivo.