Crisi, tasse, decadenza: il futuro di Letta e Berlusconi si decide in 7 giorni
Il premier rifiuta l'ultimatum di Berlusconi su Iva, Imu e legge di stabilità. Domani si vota la fiducia, e poi...
Venti giorni di fuoco, una settimana nucleare. Tutto in poche ore. Silvio Berlusconi, dopo la clamorosa rottura, ha dato a Enrico Letta un ultimatum: "Sette giorni per votare il decreto Iva, l'abolizione della seconda rata Imu e la legge di stabilità senza aumento delle tasse. Poi si chiude e si va a votare". Questo, in estrema sintesi, l'ordine del Cav ai suoi, arrivato nel corso del vertice a Montecitorio di martedì. Il piano dell'ex premier, però, viene bollato come irricevibile da Letta. Il presidente del Consiglio scommette su una nuova maggioranza, in cui far conto sui transfughi del Pdl lealisti al governo. Il premier, inoltre, gioca di sponda con il Quirinale: Giorgio Napolitano considera lo scoglimento delle Camere l'ultima opzione (im)praticabile. Collaborazioni - La situazione resta fluida, le possibili soluzioni al giallo diventeranno più chiare solo a pochi minuti dal voto di fiducia. Letta troverà i numeri? E nel caso in cui non li trovasse accetterebbe l'ultimatum di Berlusconi? Sullo sfondo resta il rischio di una legge di stabilità scritta dalla troika, dell'aumento Iva e della stangata della seconda rata Imu. Un paniere di circostanze che potrebbe anche spingere il premier a collaborare, seppur per solo una settimana ancora, con il Pdl dei falchi. Ma l'ipotesi resta improbabile, e con tutta probabilità verrà esclusa da Letta stesso nel discorso pre-fiducia al Senato, dove si annunciano toni durissimi contro Berlusconi. Resta un'incognita il ruolo di Napolitano: dopo l'affondo del Cavaliere sulla presunta telefonata con cui Re Giorgio intervenne sul verdetto Mondadori, la tensione tra il Colle e Palazzo Grazioli è alle stelle. Tatticismi - Per Napolitano, insomma, ora la prima opzione è quella di trovare una nuova maggioranza. Resta da vedere come reagirebbe di fronte a un crac: se non ci fosserò i numeri proverà a spingere per la convergenza a brevissimo termine offerta come ultima opzione da Berlusconi? Per il Cav l'esperienza di governo è terminata. I ministri sono dimissionari. Ma i parlamentari, per ora, restano in carica: il loro passo indietro non è più necessario, devono restare seduti al loro scranno se mai si arriverà a votare il decreto Iva, l'abolizione dell'Imu e la legge di stabilità. Ma è proprio su quest'ultimo punto che si concentrano le difficoltà maggiori: sette giorni, per la legge da cui dipende il bilancio dello Stato, sono un tempo troppo ristretto. La tempistica è quasi impossibile. Decadenza - Tutto in sette giorni, insomma: il futuro politico si delinea in una settimana. Per quello del Cav, invece, l'orizzonte temporale si allunga di qualche unità. Si arriva a quella ventina di giorni entro i quali l'orizzonte politico e personale di Berlusconi verrà tratteggiato. Il quattro ottobre l'ultimo voto in Giunta prima che, sulla decadenza, la palla passi all'aula del Senato. Il 19 ottobre, invece, la nuova decisione della Corte d'appello di Milano sull'interdizione dai pubblici uffici nell'ambito del processo Mediaset. Due verdetti che appaiono scontati, ma che potrebbero minare ulteriormente gli umori di Berlusconi, innescando una nuova, violenta, reazione a catena. di Andrea Tempestini