Arriva la finanziaria,ecco le poltrone che ballano
A giorni il governo mette mano alla manovra e i conti devono tornare. E i titolari dei dicasteri economici tremano
A Palazzo Chigi non traballa solo la poltrona di Enrico Letta. E se cade lei, vanno giù come un domino anche le altre. Ma alle porte c'è la manovra, da cui dipende il futuro economico del Paese e il mantenimento delle promesse elettorali. Cioè, ancora una volta, la tenuta delle larghe intese. In questo scenario di conti che devono tornare a tutti i costi, la sedia che scotta di più è, ovviamente, quella del ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni. Di sue dimissioni, per la verità, si parla e riparla ogni tanto. E la sua testa potrebbe essere offerta da Letta a Berlusconi come risarcimento per le delusioni che il Pdl si sta rassegnando ad affrontare (dall'aumento dell'Iva alla sostituzione dell'Imu con la service tax). Il Corriere della Sera in edicola domenica 22 settembre, scrive che il responsabile dell'Economia sarebbe già pronto a lasciare. A dare la notizia è lo stesso direttore Ferruccio De Bortoli che raccoglie lo sfogo del ministro. La constatazione di aver sfiorato il limite del 3% nel deficit 2013, a pochi mesi dall'uscita dalla procedura Ue e con l'incubo di poterci ritornare, ha creato una situazione di grande tensione. Dopo le dichiarazioni di Epifani e di Alfano, entrambi fortamente contrari all'aumento dell'Iva, Saccomanni ha detto chiaramente sia a Letta che a Napolitano che non intende accettare altri compromessi: l'aumento dell'Iva dal 21 al 22% dal primo ottobre non è più evitabile e nemmeno rinviabile. Saccomanni fa più o meno questo ragionamento: dobbiamo trovare subito 1,6 miliardi di euro per rientrare il prima possibile nei limiti del 3%- Poi si dovrà trovare una tregua su Iva e Imu, rinviando la questione al 2014. Il ministro dell'Economia spiega al Corriere che, neanche con un aumento della benzina di 15 centesimi sarebbe "possibile rinviare la manovra sull'Iva". Valzer delle poltrone Chi da settimane scalpita per fare le scarpe all'ex direttore generale della Banca d'Italia è Renato Brunetta, che però appare politicamente troppo connotato per avere nelle mani la cassa del Paese. Possibile, quindi, che l'incarico possa andare ancora una volta a un tecnico come Domenico Siniscalco, che già occupò quel ruolo nel 2004 prendendo il posto di Tremonti. Brunetta potrebbe quindi essere "dirottato" verso glia ltri due ministeri economici: Lavoro, dove Enrico Giovannini è un tecnico e non gode di 'coperture' politiche; e Sviluppo economico, dove Flavio Zanonato, con dichiarazione spesso troppo franche ha suscitato fastidio negli ambienti Pdl. Se invece il Pdl dovesse (come molti si attendono) sfilarsi dalla maggioranza a novembre proprio in conseguenza di una finanziaria troppo farcita di tasse e mancate promesse, il posto di Saccomanni potrebbe colorarsi politicamente, magari nelle mani di un viceministro 'politico' come Stefano Fassina, che prima della sconfitta di Bersani era dato da molti proprio per quel posto (ricordate? parlava di patrimoniale un giorno sì e l'altro pure). Ma un altro candidato (con un Pd a quel punto alla disperata ricerca di puntelli a un 'Letta-bis') potrebbe essere Mario Monti, che ministro dell'Economia è già stato (mentre era premier). E a quel punto, si salvi (dalle tasse) chi può. Le reazioni Compatto il Pdl nella reazione alla decisione di Saccomanni di lasciare la poltrona. Maurizio Gasparri, vicepresidente Pdl del Senato dice: “Le sue minacce non fanno paura. Penso da tempo che altre scelte per il ministero sarebbero migliori. A partire da una diretta responsabilità di Letta in materia economica”. Il presidente del Consiglio Enrico Letta esprime invece a Saccomanni “vicinanza e piena sintonia” e da Palazzo Chigi arriva anche uno stop a tutti gli "aut aut" che nelle ultime settimane sono piovute sul governo Intervistato da Maria Latella su Sky, il viceministro dell'Economia Stefano Fassina, interviene sulle parole di Saccomanni. E dà la sua ricetta per recuperare un miliardo: “L'invito che rivolgo è quello di confermare l'eliminazione dell'Imu per il 90% delle famiglie e lasciarla sul 10% delle abitazioni di maggior valore», quelle sulle quali si paga mille euro o più, propone ancora il viceministro. Sull'Iva Fassina precisa: “Noi non vogliamo l'aumento dell'iva, abbiamo spinto perché l'aumento venisse rinviato e siamo convinti che vada evitato. Se solo il 10% continua a pagare l'Imu» è possibile «evitare l'aumento dell'Iva”. Poi l'avvertimento: “Se cade il Governo rischiamo seriamente di tornare al novembre 2011, di bruciare i sacrifici fatti e il commissariamento della trojka”