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Berlusconi, fine della tregua in Giunta: scontro Pd-Pdl

Enrico Letta visto da Benny

Subito scontro sui tempi. Pd e Pdl di nuovo ai ferri corti. Buemi: "Lascio e scrivo il manuale: Far cadere il governo che sostieni"

Andrea Tempestini
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La tregua tra Pd e Pdl rischia di durare mezza giornata. L'accordo raggiunto nella notte in Giunta elezioni al Senato sui tempi del voto su Silvio Berlusconi può già saltare. Il motivo? Il Pd vuole fare fuori il Cavaliere, subito. L'intervento di Giorgio Napolitano pare essere già storia. La "marcia" di Largo del Nazareno riprende, inesorabile. La mina la fa esplodere il socialista Enrico Buemi, che minaccia di abbandonare la Giunta. Buemi spiega: "Ci sono diktat che provengono dall'esterno, e non dal centrodestra, che rischiano di riportarci alla siutazione di ieri. Io personalmente valuterò se partecipare ancora ai lavori di questa Giunta, ben sapendo che è dovere di ciascuno di noi". Poi la conclusione, durissima: "Lascerò delle memorie da far leggere ai miei nipoti che intitolerò Come far cadere il governo che si sostiene". Chi minaccia chi - Semplice l'analisi di quanto detto da Buemi. Quei "diktat" per far cadere il governo non arrivano dal centrodestra e, di sicuro, non arrivano nemmeno dal Colle: Giorgio Napolitano è l'uomo grazie al quale le larghe intese reggono ancora. Va da sè che l'unico polo da cui possano arrivare questi "diktat" è il centrosinitra, quel centrosinistra il cui leader è Guglielmo Epifani che martedì sera, subito dopo "l'armistizio", aveva dichiarato che "bisogna far decadere subito Berlusconi, oppure qui diventa una giungla".  La replica - Dopo le parole di Buemi, ecco la replica della senatrice Pd, Stefania Pezzopane, componente della Giunta: "Quella di Buemi è un'affermazione kafkiana, anche perché viene fatta alla stampa, e non dentro. Anche lui poi entra nel contenitore allucinante di collegare la vicenda della Giunta alle sorti del Governo. Mi sorprende - ha aggiunto - che lo faccia una persona eletta nel Pdl. Il Pd difende l'azione del governo Letta, ma l'Italia non può stare per settimane  a discutere delle vicende che riguardano una sola persona. Le sue parole - conclude - sono sbagliate e inopportune". Il calendario - In questo contesto, dunque, si è concretizzato il mancato accordo sul calendario dei lavori. La decisione è stata demandata alla plenaria della giunta, che si riunirà giovedì alle 15, ma l'ipotesi più accreditata è quella di iniziare proprio giovedì, tenere una seduta venerdì o lunedì per poi votare la relazione di Augello al massimo martedì. I tempi, insomma, tornano ad accorciarsi, e quel "mese guadagnato" in cui confidavano alcuni del Pdl sembra un'ipotesi poco plausibile. Il presidente della Giunta, Dario Stefano, ha fatto sapere che sui tempi per arrivare al voto sulla relazione di Augello riguardante la decadenza del Cav, "non si parla di settimane, ma della prossima settimana. L'ultima proposta del capogruppo Pdl - ha aggiunto - è di arrivare al voto giovedì 19". Pace svanita? - La situazione è precipitata subito dopo le dichiarazioni concilianti degli esponenti dei due schieramenti, arrivate soltanto in mattinata. Il vulcanico Renato Brunetta, dopo lo slittamento del voto, aveva spiegato: "Il Pd si è accorto di aver sbagliato ad accelerare, e ha fatto marcia indietro. Si è diffuso un po' di buonsenso, ma solo un po'". Quindi la stessa Pazzopane: "Abbiamo fatto un buon lavoro ieri, ottimo, che ci consente di tenere un calendario fermo nel rispetto del regolamento". Ma la situazione è subito sfuggita di mano. Arrivano i "diktat". E c'è chi, per denunciare la situazione, è pronto a scrivere il grottesco manuale che insegna come far crollare l'esecutivo che (teoricamente) si sostiene. Il manuale del perfetto democratico.

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