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IL CAV VUOLE VENDETTA:"Mi hanno fregato"Governo addio

Silvio Berlusconi

Andrea Tempestini
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Eccolo che si allinea, il «plotone di esecuzione». Silvio Berlusconi segue in differita, da Arcore, i lavori della Giunta per le elezioni. E, dalle prime notizie che arrivano da Roma, al Senato non sta succedendo nulla di buono. Per lui.  Gli esponenti del Partito democratico, spalleggiati dal Movimento 5 Stelle, si fanno scivolare addosso le cento pagine della relazione Augello come fosse acqua fresca. Non bastano i dieci profili di illegittimità costituzionale della legge Severino messi in fila dal senatore del Pdl, né le tre pregiudiziali contenute dalla relazione. Democratici e grillini non hanno bisogno di riflettere, già sanno. E chiedono di poter votare tutto - relazione e pregiudiziali - in un solo voto. Forse già oggi.  No, non è la discussione «serena» e «approfondita» che avevano chiesto le colombe del Popolo della libertà ai dirimpettai della sinistra, spalleggiate da qualche garantista del Pd. Poche mosche bianche, per la verità.  Il confronto è duro e viaggia su un piano inclinato. La giunta è riconvocata per stasera. Andrea Augello  completerà la relazione, ne manca una parte che deve ancora presentare e lo farà in tarda mattinata. Ma per come si sono messe le cose, sembra che la decadenza di Silvio sia questione di giorni, mica di mesi.  Berlusconi è furioso. Anche se c'è un prima e un dopo-Giunta nella sua giornata. In mattinata il Cavaliere riceve in villa i suoi manager e amici più fidati, Fedele Confalonieri e Bruno Ermolli. Si sa cosa pensano i vertici delle aziende di famiglia. Considerano deleteria per la salute dell'economia italiana  - e per il gruppo berlusconiano, che ne è parte importante - l'instabilità politica. E, con il supporto dei figli, hanno provato a convincere Silvio ad accettare il percorso indicato dal Quirinale: dimissioni da senatore e successivo provvedimento di clemenza, il tutto imboccando la porta d'uscita dall'impegno politico attivo. Ma i loro sono consigli, poi «il dottore» fa di testa sua, si sa. Anche stavolta.    Il pendolo berlusconiano è ancora  in movimento, Silvio abbraccia di nuovo  la causa dei falchi: via dalle larghe intese, crisi, voto.  Non era aria per i filogovernativi, ieri. Non nell'entroterra brianzolo: «Che vi avevo detto», il Cavaliere ne ha rimproverati alcuni al telefono, «questi ci hanno fregato di nuovo. Non c'è trattativa con i comunisti, non esiste. Mi vogliono eliminare, ma adesso gliela faccio vedere io». Berlusconi torna in trincea. Convoca per domani i gruppi parlamentari del Pdl e sottoporrà al loro voto la decisione: ritirare la delegazione dei ministri azzurri e togliere la fiducia al governo di Enrico Letta.  «Basta, io non posso più stare in maggioranza  con questi pezzi di m.... È finita», lo sfogone.  La linea è questa. E rimbalza da Arcore a Roma. Dove Renato Schifani condanna «un inaccettabile atteggiamento da parte del Partito democratico e del Movimento 5 Stelle che addirittura intendono votare entro domani (oggi, ndr) contro le pregiudiziali approfondite e dettagliate formulate dal relatore. Se dovesse succedere questo», mette in guardia il capogruppo del Pdl a Palazzo Madama, «non credo che si potrebbe più parlare di maggioranza a sostegno del governo». Lascia una porticina aperta il presidente dei deputati azzurri Renato Brunetta: «Voglio fare un ultimo appello alla ragionevolezza e al buon senso. Attenzione alle tentazioni di giustizia sommaria, perché certe ferite, in un Paese così lacerato non si rimargineranno con facilità».  E il cerino ritorna nelle mani del Pd. Ma anche in quelle di Giorgio Napolitano. Raccontano di un Berlusconi adirato soprattutto con il Colle, colpevole di «non aver mantenuto le promesse fatte all'atto della nascita del governo Letta in termini di pacificazione» e di continuare a rivolgere appelli alla responsabilità unidirezionali. Rivolti cioè «soltanto al Pdl», disinteressandosi dell'«atteggiamento provocatorio» del Partito democratico. Non solo. L'entourage berlusconiano si è molto infastidito alla lettura della Velina Rossa di ieri, secondo cui il presidente della Repubblica sarebbe pronto a fare un discorso a reti unificate nel caso in cui Berlusconi dovesse far cadere il governo, accusandolo, prosegue la Velina, di essersi impegnato a sostenere le larghe intese a prescidere dal suo destino processuale. Promessa a questo punto rimangiata, secondo il Colle.  Ma anche Silvio ha pronto il suo videomessaggio, quello che era stato annunciato la scorsa settimana per poi essere rinfoderato in attesa del verdetto della Giunta per le elezioni. Adesso, a quanto pare, non ci sono più freni. L'annuncio della crisi via dvd potrebbe arrivare nelle redazioni dei telegiornali già questo giovedì. Specie se le cose al Senato non dovessero prendere un'altra piega. di Salvatore Dama

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