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CAV PRONTO ALLA GUERRAVuole buttare giù LettaA meno che il Colle...

Silvio alla resa dei conti: visto da Benny

Silvio sempre più convinto della necessità di rompere, ma la grazia può fermarlo. Ci sono poi altri due freni: il timore della reazione di Re Giorgio e i dissidenti Pdl

Andrea Tempestini
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A frenarlo, ormai, ci sono solo due aspetti: la possibile reazione di Giorgio Napolitano all'annuncio della rottura, con il rischio di innescare uno scontro istituzionale con il Quirinale a colpi di video-messaggi, e la conta dei possibili “traditori” pronti, da novelli “responsabili”, a sostenere un eventuale governo Letta-bis vanificando il tentativo di ottenere le elezioni anticipate. Perché Silvio Berlusconi, ogni ora che passa, è sempre più convinto che ormai «sia ora di prepararsi alla guerra». A meno che dal Colle, come ribadisce in serata Sandro Bondi, coordinatore del Pdl, non arrivi l'agognato provvedimento di clemenza «che scongiuri gli effetti» della sentenza di condanna inflitta da Berlusconi dalla Cassazione: ovvero la decadenza del Cav da senatore. Una soluzione che il Pdl, ricorda Bondi facendo il verso a Giorgio Napolitano che poco prima aveva fatto sapere di confidare nel senso di responsabilità di Berlusconi, «confida da tempo». Ma del capo dello Stato il leader del Pdl non si fida più.   L'annunciato filmato con la chiamata alle armi alla testa della rinata Forza Italia composta soprattutto da volti nuovi, registrato giovedì pomeriggio ad Arcore, è pronto per essere trasmesso nelle reti televisive Mediaset nella giornata di domenica. «Trasmissione imminente», conferma Daniela Santanchè. Un preludio, secondo la tabella di marcia messa a punto da Berlusconi con i suoi fedelissimi, di quello che potrebbe accadere la prossima settimana un minuto prima che nella giunta delle elezioni di Palazzo Madama inizi l'iter per la sua decadenza da senatore: l'annuncio dell'uscita del Pdl dalla maggioranza con il ritiro dei ministri dal governo.  «VENDERE CARA LA PELLE» Berlusconi è in riunione permanente ad Arcore con avvocati e familiari. Al punto che anche i parlamentari a lui più vicini fanno fatica a parlargli. L'umore del leader del Pdl è sempre più nero. A peggiorare ulteriormente il clima, ieri, ci si è messa anche la pubblicazione delle motivazioni della condanna di Marcello Dell'Utri nel processo di appello a Milano. Una coincidenza, certo, che però non ha fatto altro che rafforzare nel Cav la certezza di essere ormai con le spalle al muro. Con una sola arma a sua disposizione: il ribaltamento del tavolo governativo. «Anche perché se passasse senza colpo ferire la decadenza», è il ragionamento che va per la maggiore tra i pretoriani berlusconiani, «il rischio è che un minuto dopo aver perso il seggio da senatore arrivi una richiesta di custodia cautelare». Ad esempio da Napoli. Ecco, così, l'avvio del timer con il conto alla rovescia per la vita del governo Letta. Un esito al quale sembra essersi rassegnato, ed è questa la novità delle ultime ore, addirittura Gianni Letta, il numero uno delle colombe. Il capo della diplomazia berlusconiana, infatti, si sarebbe arreso alla prospettiva di «vendere cara la pelle». Solo l'avvertimento arrivato ieri sera dal Quirinale, con quella nota informale in cui Giorgio Napolitano ha ricordato a Berlusconi le continue dichiarazioni del Cav a favore della stabilità dell'esecutivo, ha permesso alle colombe di riprendere fiato. Obiettivo: strappare al leader ancora un paio di giorni per le trattative, illustrando a Berlusconi i rischi di un possibile conflitto con il Colle, con Napolitano pronto a rinfacciare pubblicamente al numero uno del Pdl l'apertura della crisi. Fatto sta che proprio l'intervento di Napolitano conferma che mai come adesso la prospettiva di una rottura della maggioranza è concreta. Evitare la rottura resta un'impresa disperata. Renato Schifani, altra colomba che non a caso in queste ore ha assunto le fattezze del falco, ha ricordato cosa potrebbe scongiurare, seppure in extremis, lo showdown: il via libera del Pd al ricorso della giunta alla Corte costituzionale. Eventualità che le prime mosse dei democratici in giunta riducono, però, al lumicino. Da qui la tentazione, una volta concessa alle colombe un'ulteriore pausa di riflessione, di rompere tutto. Uno strappo preceduto dalla diffusione del video in cui Berlusconi sensibilizzerà il «popolo del centrodestra» a seguirlo nella nuova battaglia in nome delle ingiustizie subite in vent'anni di vita politica. OCCHIO AI DISSIDENTI Prima del rompete le righe, Berlusconi farà il conto dei possibili dissidenti che sarebbero pronti a sostenere il governo Letta anche senza il Pdl. Secondo Dagospia, sarebbero venti i senatori in predicato di lasciare Berlusconi. Il gruppo, del quale farebbero parte i campani Antonio Milo, Ciro Falanga e Cosimo Sibilia, avrebbe già offerto al premier la propria disponibilità a sostenere un altro esecutivo. Un'indiscrezione che il Cav, che invece punta dritto alle urne, verificherà nelle prossime ore con l'aiuto del fedelissimo Denis Verdini. di Tommaso Montesano

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