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Pd, sondaggi e mancanza di rivali convincono i big: Renzi segretario

Giulio Bucchi
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A forza di spallate e mitragliate verbali, Matteo Renzi si sta prendendo il partito. Più per mancanza di reali avversari che per la convinzione dei big. Dario Franceschini, lettiano di ferro nonché ministro dei Rapporti col Parlamento, sembra quasi arrendersi: "Se come ha detto anche in questi giorni, Matteo lavorerà per innovare ma anche per unire e costruire e non per dividere, io sono pronto a votare per Matteo". "Ieri Matteo ha detto in modo più esplicito che intende a candidarsi a segretario del Pd - prosegue Franceschini -. Io vorrei dire che se noi ci guardiamo alle spalle nella storia breve del Pd, ma anche dell'Ulivo e dell'Unione, tutte quelle storie sono state segnate da lacerazioni, protagonismi, lotte per la leadership, si può evitare questo? Sì, si può e si deve". Quindi il riferimento autobiografico: "Quando mi sono ricandidato a fare segretario del Pd, ha vinto Bersani e io dal giorno dopo sostenuto lealmente Bersani. E così Bersani ha sostenuto in modo corretto Letta premier. Quando ci sono   talenti vanno utilizzati e Matteo lo è". Il messaggio, tra le righe, è chiaro: sosteniamo Renzi segretario e, poi, candidato premier, a patto che non stia col fiato sul collo al premier e al governo. Il quadro comunque è molto meno idilliaco di quel che può sembrare: certo, sondaggi favorevoli e rivali interni di scarso peso spianano la strada al rottamatore. Ma D'Alema e Bersani, se da un lato eviteranno di ostacolarlo platealmente, dall'altro faranno di tutto per arginare la sua ascesa dentro il partito, in termini di eletti, poltrone e correnti. Fioroni: "Se un candidato ha l'80%, è l'unico..." - A rappresentare al meglio l'anima dei vertici del Partito democratico, il giorno dopo la partecipazione del sindaco di Firenze alla festa democratica di Genova, è forse Beppe Fioroni, ex margheritino tra i centristi di spicco di largo del Nazareno: "In un congresso in cui c'è un candidato che rappresenta l'80% e 5, 6 o 7 candidati che faticano tutti insieme a dividersi il 20%, io prendo atto che c'è un solo candidato - ha commentato Fioroni a Radio Radicale -. Il fatto che Renzi abbia deciso definitivamente di candidarsi ad una cosa e correre per quella è un dato significativo e importante. Penso sia altrettanto significativo che il fatto che Berlusconi stia uscendo definitivamente dalla scena politica della seconda Repubblica ci consentirà di affrontare un congresso senza il collante dell'antiberlusconismo per stare insieme". Per Fioroni, quello che verrà sarà un "congresso di fondazione", una sorta di debutto-bis per il Pd dopo quello, promettente e presto deluso del 2008. Fioroni per ora non si sbilancia: "Per dire per chi voto, parlo del mio voto personale, vorrei avere un confronto sulle idee che questo partito deve avere e non soltanto per avere un'identità e una appartenenza che non sia quella di essere renziani, cuperliani o civatiani".  "Primarie entro novembre, si può" - Nel frattempo, gli sherpa della commissione congresso Pd stanno proseguendo i contatti per convocare la prossima settimana una riunione in vista dell'assemblea del 20 e 21 settembre. I renziani sono in pressing perché il "parlamentino" democratico fissi definitivamente regole e, soprattutto, la data del congresso. "Ho sentito oggi Gualtieri, sentirò Zoggia e Stumpo. Dobbiamo convocare la prossima settimana la commissione congresso", dice il renziano Lorenzo Guerini. Ma sarà possibile fare le primarie il 24 novembre? "Sì, se c'è la volontà di farle. Possiamo fare ad ottobre i congressi di circolo e provinciali e a novembre fare quelli regionali e nazionale. Basta volerlo - spiega Guerini -. Se poi invece andiamo il 20 settembre in assemblea, lì si indica solo una data di massima e poi deve riunirsi la Direzione per decidere e così via... allora diventa difficile che si riesca a chiudere il tutto a fine novembre. Vedremo nei prossimi giorni se questa volontà c'è oppure no. E in quest'ultimo caso, se c'è   qualcuno che spinge per rinviare, dovrà assumersene la responsabilità". I sondaggi e il fattore Renzi - A convincere Fioroni, D'Alema e altri democratici folgorati sulla via del rottamatore è probabilmente il verdetto unanime dei sondaggisti italiani, secondo cui un Pd guidato da Renzi ci guadagnerebbe. "E' dimostrato che con Renzi il Partito democratico prende molti più voti - assicura Renato Mannheimer(Ispo) -. Attrae soprattutto l'area di centro perché ha delle parole d'ordine, come innovazione, giovani e futuro, che in qualche modo convincono o sollecitano questa parte dell'elettorato". Più cauto Nicola Piepoli: "Renzi è in campagna elettorale, Letta è al governo. I giochi per la segreteria del Pd dipendono da tante variabili". Ma "se fosse eletto, Renzi rafforzebbe l'immagine del Pd, rendendola più giovane". "La settimana scorsa - prosegue il sondaggista - Renzi aveva 39 punti di fiducia, nello stesso giorno Letta ne aveva  44. In caso di una sua vittoria alle primarie, avevamo calcolato che il sindaco di Firenze avrebbe portato dai 3 ai 4 punti in più al Pd, che in questo momento è al 28% rispetto al Pdl che si attesta al 25%". Per Maurizio Pessato (vicepresidente di Swg, "dai dati Renzi mostra una buona capacità di attrattiva nell'opinione pubblica, per la novità della sua figura e il dinamismo che riesce a trasmettere. Ora il Pd viaggia sul 24%, il Pdl sul 27%. Avvieremo delle indagini statistiche per testare l'impatto che potrebbe avere sul centrosinistra il sindaco di Firenze". di Claudio Brigliadori

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