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Pansa: l'odio tra Pd e Pdl non si fermerà più

Giampaolo Pansa nella vignetta firmata da Benny

Il sistema dei partiti è un mostro che condiziona le nostre vite e le intossica. Ma allo stesso tempo è molto fragile: ogni problema scaraventa le coalizioni nel marasma

Lucia Esposito
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Sulle prime sembrava di essere tornati all'8 settembre 1943, ma senza la Wehrmacht di Hitler che scendeva dal Brennero a occupare l'Italia. Tra il Pdl e il Pd soffiava l'aria dolce di un armistizio fra gentiluomini. Irrobustita da una tregua convinta a sostegno del governo Letta. Ossigeno per le larghe intese. Riconciliazione. Pacificazione. Condivisione. Poi la speranza è svanita di colpo. Archiviata la discordia sull'Imu, si è subito aperto il conflitto sull'aumento dell'Iva, in attesa di una nuova guerra sulla Service Tax del 2014.  L'Italia dei palazzi politici sta scoprendo ogni giorno di più un cancro  che rischia di ucciderla: senza l'odio non funziona. Non siamo l'unica democrazia parlamentare dove l'avversione tra i partiti sia una costante impossibile da annullare. Ma noi esageriamo. Stiamo ancora immersi in una crisi economica e sociale che non si riesce a debellare. È vero che s'intravedono piccoli segnali di ripresa. Però si tratta di piantine appena nate che avrebbero bisogno di un giardiniere costante e sollecito. Invece il sistema dei partiti fa di tutto affinché le speranze di tanti muoiano prima di aver preso corpo.   Esiste una verità inconfessabile perché ci fa paura. L'Italia ha in casa un nemico che fingiamo di non vedere. Questo avversario è il nostro sistema dei partiti. Risorto dopo la caduta del fascismo, per decenni ha avuto una funzione positiva nella crescita del paese. Ma da Tangentopoli in poi ha subito una mutazione infernale, simile a quelle che si vedono nei film di fantascienza del genere horror.  L'insieme dei partiti è diventato un mostro, una creatura aliena gigantesca e cattiva. Capace di insinuarsi nelle nostre vite di italiani qualunque per intossicarle, devastarle, ucciderle. Mi rendo conto di formulare un'accusa che non avevo mai osato esprimere. Però sto soltanto descrivendo quanto si vede nell'Italia del 2013. Una nuova realtà, orrenda eppure contraddittoria.  Il Mostro partitico è strapotente. Condiziona le nostre vite in modo totale, anche negli aspetti minimi. Oggi trovare un posto di lavoro qualsiasi è impossibile se non hai un padrino politico anche di taglia minima. Senza l'appoggio di un parlamentare, di un assessore regionale, di un sindaco, di un dirigente di partito, l'unico destino che ti aspetta è fare il disoccupato a vita. I partiti hanno creato un sistema simile a quello di Cosa nostra: devi inchinarti davanti a un padrino, altrimenti non avrai nulla.   Dove sta la contraddizione? Sta nel fatto che il Mostro presenta anche un lato debole. L'insieme dei partiti italiani di questo 2013 rivela una fragilità estrema. Lo dimostra l'incapacità di resistere alla pressione della guerra civile che loro stessi hanno scatenato. Qualunque problema, disaccordo, questione, per banale che sia, li manda in tilt, li scaraventa nel marasma, li getta nel terrore. Non sto immaginando una condizione irreale. È sufficiente leggere un quotidiano o vedere un telegiornale per rendersi conto della verità che descrivo.  Il Mostro abita una fortezza debole, facile da abbattere o da occupare. Qualunque forza estranea potrebbe distruggerla in un amen. Non sto pensando a una guerra scatenata da uno Stato nemico. Penso a qualcosa di molto più subdolo. Per esempio a una escalation improvvisa di un terrorismo nazionale o esterno.  Non riusciamo a ristabilire un minimo di ordine in Val di Susa.  Non intorno a una centrale atomica, bensì in difesa di un cantiere dell'alta velocità ferroviaria. Di fronte a un assalto ben più grande, il nostro sistema politico non reggerebbe ventiquattro ore. Per non parlare di situazioni eversive che nei decenni passati non abbiamo mai conosciuto. Ad esempio, un intervento illegale di un corpo militare che abbia deciso di ribellarsi alla Costituzione.  In questo caos lo spettacolo offerto dai partiti maggiori è grottesco e insieme tragico. Il Pdl sta aggrappato a un signore, Silvio Berlusconi, che ha una sorte segnata. Prima o poi verrà espulso dal Senato, un ritardo di qualche mese, ottenuto  grazie a legittime strategie difensive, non lo salverà. Poi dovrà farsi un anno di arresti domiciliari o di servizi sociali. Da novembre non godrà più dei diritti civili. Il Cavaliere  potrà pure concionare tutte le sere da una delle sue tivù. Ma come leader politico è finito. Per non parlare degli altri processi che lo aspettano in una sede giudiziaria, Milano, che non è mai stata tenera con lui.  Il suo partito, ossia il pilone che regge il centrodestra, è un'armata in sfacelo. Anch'io penso che esistano ancora milioni di italiani pronti a votare per Berlusconi. Ma rischia di mancare l'apparato politico e morale, dai colonnelli ai sottufficiali, in grado di trasformare un sentimento in una strategia.  Giampaolo Pansa      

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