Facci: i cortigiani
Tutti si affidano al ricorso alla Consulta. Ma dimenticano che la Corte costituzionale è pur sempre magistratura. E confermano che ormai la politica è suddita delle toghe
Poi un giorno, probabilmente nel Tremila, ci accorgeremo che invocare o deprecare l'intervento della Consulta è solo e solamente la doppia faccia di uno stesso problema: che è quello di una politica che ha deciso di mettersi definitivamente nelle mani della magistratura, perché questo è la Consulta: una magistratura, un onnipotente giudice di ultima istanza, un tribunale che dovrebbe custodire la Costituzione - in teoria - ma le cui sentenze, di fatto, hanno modificato la Costituzione per significato e portata. La Consulta è questo: una magistratura incline a sanzionare le decisioni dei governi anche quando sono confermate dal Parlamento: intervenendo sulla legge elettorale, sui vari lodi regolarmente bocciati e, ora, su una legge che il governo non avrebbe il fegato di modificare da solo. Un problema non solo italiano (analoga invasività stanno palesando le corti statunitense e soprattutto tedesca) e che ormai prefigura una sorta di «jurecrazia» dove il controllo dei poteri democratici viene esercitato da chi è privo di mandato popolare e, tuttavia, avanza in territori che appartenevano alla politica. Un ex democrazia in cui le varie corti (tribunali, cassazioni, l'Aja, Strasburgo ecc) dialogano tra di loro all'interno di un ordine giuridico globale. Un ordine in cui la politica, per reagire alla magistratura, si rivolge a chi? Alla magistratura. di Filippo Facci