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Monti in guerra per salvareBerlusconi e se stesso

Monti Napoleone: visto da Benny

Nota del Prof: "Va salvaguardato l'assetto politico nato con Berlusconi". L'ex premier si propone come mediatore per trovare una soluzione al caso-Silvio. Così spera di evitare le elezioni

Martino Cervo
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A volte ritornano. La nota diffusa ieri pomeriggio da Mario Monti, mentre era ancora in corso il vertice di Arcore, segue due giorni di meditazione operosa del Professore. I fatti: il Milan non è ancora sceso in campo quando, alle 17.43, l'ex premier rilascia   un comunicato, che merita una  traduzione  dal montese all'italiano. La premessa è una tirata d'orecchie a Mario Mauro, il non citato «ministro di Scelta Civica» che ha avanzato, via intervista ad Avvenire e poi al Meeting di Rimini, l'ipotesi amnistia ventilata anche dal Guardasigilli Cancellieri e in parte sposata dal Pdl. «Si è trattato», bacchetta Monti, «di opinioni espresse a titolo personale, come contributi al dibattito in corso nel mondo politico. La posizione di SC verrà formulata a tempo debito, su proposta del Presidente». La traduzione sommaria non è: «Mauro parla per sé, io ho idee diverse»; piuttosto: «Mauro non doveva parlare, questa cosa devo dirla io, e meglio». Come riportano in serata a Libero uomini vicini al Professore, la stizza deriva infatti dal duplice rischio di vedersi scippare l'iniziativa e di bruciare l'eventuale soluzione al caso-Cav. Quale soluzione? Ecco i punti accademicamente elencati da Monti, con annesso tentativo di interpretazione: «1. L'inderogabile necessità di rispettare lo Stato di diritto e la parità dei cittadini dinanzi alla legge». E va be'. «2. L'opportunità di salvaguardare, favorendone una positiva evoluzione, la più aperta articolazione del sistema politico italiano resa possibile, a partire dal 1994, dall'impegno politico di Silvio Berlusconi». Qui la prosa si fa ardua, tuttavia l'elogio al Cavaliere ha un sapore inconfondibile: gli si riconosce di essere il fautore e il perno dell'assetto politico contemporaneo. Inequivocabile l'accenno alla genesi di Forza Italia per il cui ingresso nel Ppe Monti rivendicò nel 2012 di essersi personalmente speso in sede comunitaria. Come dire: io vengo di lì, sono dei vostri, e siccome Berlusconi è il simbolo di tutto questo, deve essere tutelato. «3. La nostra volontà che il Governo Letta prosegua la sua opera, soprattutto se il Presidente del Consiglio e l'intero Governo sapranno determinare, e tenere in pugno, l'agenda di governo nell'esclusivo interesse del Paese, senza sottostare ai diktat di questo o quel partito della coalizione». Come dire: Pdl e Pd litigano, ci penso io che sembro ancora super partes, almeno rispetto a loro. Dunque il Professore torna in campo. Monti meditava dal giorno precedente un'uscita simile. Venerdì pomeriggio era quasi pronta un'intervista a un quotidiano in cui voleva spiegare le stesse cose che ha poi preferito affidare ai tre punti. Il significato è proporsi come mediatore politico di una soluzione all'intrico della decadenza di Berlusconi che rischia di far saltare il governo, anche alla luce del vertice di ieri. Perché Monti lo fa? Al Pdl conviene avere una sponda «esterna» che condivida il nodo politico delle sorti del suo leader, ma a lui? In realtà è soprattutto il Professore che può trarne un grande vantaggio. In primis perché la tenuta dell'esecutivo è una polizza sulla sua vita: un eventuale governo di scopo o, peggio, un voto immediato, lo farebbero arrivare alle urne solo, visto che il suo partito è una ridotta di pochi intimi. Il tempo invece gioca a favore di un lento riassetto di una coalizione moderata che prevedibilmente si costituirà sia in vista delle Europee sia, soprattutto, per la fine della grande coalizione. Un contenitore (o due?) tutto da definire dove i vari Alfano, Montezemolo, Passera, Tosi e appunto Monti dovranno trovare sigle e modi per schierarsi, superando l'asse Pdl-Lega che ha rappresentato l'ultima stagione del centrodestra italiano. Così, anche così, si spiega l'uscita del Professore, che - come ha scritto ieri - «formulerà a tempo debito» la sua proposta. Aspetterà ancora un po', poi il suo destino e quello del Cav saranno molto più legati di quanto si potesse pensare fino a pochi mesi fa.

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