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Il Pd vuole far fuori Berlusconi,ma in Basilicata candida tuttii consiglieri di Rimborsopoli

Guglielmo Epifani

I dem preparano le primarie per le regionali in Lucania. Ed è polemica con Sel

Ignazio Stagno
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Il Pd si sa ha un moralismo che va sempre a senso unico. Mentre i democratici sono impegnati a far fuori il Cav dal Senato per la condanna in Cassazione, lontano da Roma, girano la testa dall'altra parte e nelle liste sono pronti a inserire anche chi ha usato i soldi dei contribuenti per farsi rimborsare vacanze o cene e pranzi in lussuosi ristoranti. In Basilicata il Pd riscopre la vecchia politica. Lì non ci sono veti. Tutti possono correre per le prossime regionali. Il 22 settembre in Lucania andranno in scena le primarie del centrosinistra. Saranno aperte, di coalizione. Le candidature dovranno essere accompagnate da 1.200 firme e andranno presentate entro il 5 settembre. Indagati e candidabili -  Ma sotto il profilo "etico" le maglie sono larghissime. Il regolamento approvato ieri dal Pd regionale richiama i termini per la candidabilità espresse già nel codice etico del Partito democratico. In nome del regolamento sono esclusi dalla competizione elettorale solo i condannati per corruzione, concussione e coloro che sono stati raggiunti da misure preventive della legge antimafia.  Ma i consiglieri regionali coinvolti nell'inchiesta Rimborsopoli sarebbero tutti candidabili. Proprio quelli che hanno deluso di più gli elettori. Scandalo Rimborsopoli - La parola Rimborsopoli sparisce completamente dall'elenco dei limiti considerati insuperabili. I segretari Livio Valvano e Maria Murante ribadiscono, come racconta il Quotidiano della Basilicata, che la questione non è giudiziaria ma politica: a fare un passo indietro deve essere  chi ha contribuito alla crisi del governo. Insomma pur di non farli fuori dalla competizione, i democratici sperano che i consiglieri indagati per Rimborsopoli non si presentino alle urne. Difficile che accada. Già nelle scorse parlamentarie nazionali decine di deputati indagati vennero candidati in nome delle preferenze raccolte. Il caso del messinense Francantonio Genovese fa scuola. Indagato per la gestione dei fondi della formazione in Sicilia, da tempo ha il suo scranno a Montecitorio. Sel in rivolta -  E sul fronte "incandidabili", rischia di spaccarsi proprio la coalizone che corre per le regionali. Sel è sul piede di guerra e minaccia la rottura se entro il 5 settembre non vengano fatti fuori dalle liste tutti gli indagati di Rimborsopoli. Insomma a Roma il Pd sta con il distintivo in mano, a Potenza invece si benda gli occhi e regala il salvacondotto ai dem lucani. (I.S.)

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