Berlusconi, Schifani: "Se il Pd non collabora, inevitabile la crisi"
Il capogruppo del Pdl chiarisce la posizione degli azzurri: "Se i democratici non ci danno una mano anche sulla Severino-Monti salta tutto. Chiederemo l'intervento della Consulta"
Dopo ferragosto la tensione in Transatlantico comincia a salire e bussa ancora una volta alle porte di palazzo Chigi dove il governo Letta, di fatto, è appeso al voto sulla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Pd e Pdl si preparano allo scontro finale, e anche le colombe azzurre cominciano ad indossare la maschera da falco. Una di queste è Renato Schifani che sul voto per la decadenza del Cav non vuole sgambetti dai democratici e avvisa: "Per noi tutto si tiene: se ci sara' una chiusura pregiudiziale del Pd sul percorso di approfondimento sulla legge Severino che chiediamo per noi sarebbe impossibile parlare di un percorso comune. Noi non intendiamo barattare legalità per altro, ma intendiamo fare un modo che la legge Severino sia valutata dalla Consulta". Deluso da Napolitano - Insomma il capogruppo del Pdl al Senato chiarisce le regole del gioco: il Pd non può chiudere le porte ad un'analisi attenta della legge Monti-Severino che prevede l'incandidabilità di chi è condannato con pena definitiva, nè può votare a favore della decadenza di Berlusconi da palazzo Madama. La ritorsione sarebbe una sola: cade il governo. Poi Schifani torna ancora sulla nota di Re Giorgio sull'ipotesi di grazia per il Cav: "Un appello al capo dello Stato c'era stato', ma 'nel messaggio del Capo dello stato non ho trovato quello che avevamo chiesto. Non entro nel merito, delle posizioni del Capo dello Stato si prende atto e si rispettano, ma ci aspettavamo di piu''. Non si esclude la crisi - Schifani inoltre scongiura qualunque ipotesi di dimissioni "in blocco" di tutti i parlamentari del Pdl se dal Senato uscisse a settembre un responso negativo per il Cav, ma l'azzurro non esclude scenari di crisi: "Non ci saranno dimissioni dei parlamentari del Pdl. Le dimissioni di tutti i parlamentari" del Pdl in caso di rottura sulla vicenda Berlusconi "non sono all'ordine del giorno", spiega. "Ci batteremo in giunta perché le nostre argomentazioni senza ostruzionismo vengano recepite. Io - rileva il presidente dei senatori del Pdl - non ritengo affatto inevitabile la crisi. Sosteniamo questo governo delle larghe intese perché riteniamo che il Paese abbia bisogno di un grande accordo storico tra le due più grandi forze politiche perché si facciano con grande coraggio le riforme strutturali di cui l'Italia ha bisogno, anche con scelte impopolari". A fare da arbitro nella partita saranno le scadenze. La prima riunione dopo la pausa estiva, fissata per il 9 settembre. La decisione finale sulla perdita dello status di parlamentare per Berlusconi sarà comunque presa in un secondo momento dall'aula del Senato, che potrebbe pronunciarsi anche con voto segreto. (I.S.)