Berlusconi non chiederà la grazia
Il Cavaliere ad Arcore con la fidanzata e la figlia Marina: "Significherebbe ammettere la frode fiscale, ma io sono innocente"
«La verità è che mi vogliono morto». Già gli era andata di traverso la nota del Colle. Ma ieri mattina, quando ha aperto i giornali, Silvio Berlusconi ha avuto un travaso di bile. Si è convinto definitivamente che «Napolitano mi ha fregato». Ed è stato sul punto di far saltare il governo. Aveva già preso in mano il telefono per chiamare i suoi ministri e dire loro di dimettersi, quando è stato ricondotto a più miti consigli dai suoi legali e da Gianni Letta. Perennemente diviso tra il suo ego barricadiero e il suo io statista, il Cavaliere ha deciso di prendersi quarantott'ore di tempo prima di decidere. Ma è sempre più orientato a non chiederla, la grazia. Umore nero - Il barometro di Arcore, dove Berlusconi si è blindato anche ieri con la fidanzata Francesca Pascale, la figlia Marina e i suoi avvocati, volge al peggio. Più passano le ore e più all'ex premier puzza la proposta quirinalizia: «Se chiedessi la grazia, significherebbe ammettere la frode fiscale, ma io sono innocente. Lo vogliono capire o no?», si è sfogato con ai suoi legali, che sembrano divisi sull'opportunità e la convenienza di domandare un salvacondotto al Capo dello Stato. Franco Coppi e Piero Longo sarebbero più orientati per il sì, perché ritengono che l'azzeramento della pena detentiva agevolerebbe il Berlusconi imputato nel caso gli piombasse addosso un'altra condanna. Niccolò Ghedini, invece, è contrario alla grazia, perché non cancella comunque il problema dell'incandidabilità, che è il vero nodo della questione. Stessa posizione di falchi, che stanno spingendo Berlusconi a rifiutare la mano tesa da Napolitano, perché reputano più proficuo giocarsi i nove mesi di galera del leader come candidato martire della malagiustizia in campagna elettorale. E il Cavaliere? Lui che posizione ha sulla grazia? Riflessioni - Berlusconi è molto combattuto. Per questo ha deciso di lasciar passare Ferragosto prima di sciogliere la riserva. Di sicuro, non vuole assolutamente dare l'impressione di genuflettersi ai piedi del Colle: «Non può mica pensare Napolitano che lui schiocca le dita e io obbedisco», è sbottato il Cav al cospetto dei suoi. Per questo si è arrabbiato moltissimo ieri quando ha letto l'intervista di Coppi al Corriere della Sera, in cui il suo legale ha dichiarato la disponibilità a chiedere la grazia. Ed è stato ancora più esplicito Longo, che a Radio Capital ha detto: «La grazia verrà prima o poi formalmente richiesta». Non a caso poi costretto a una repentina smentita a Radiocor. Questo perché gli avvocati di Berlusconi, tra martedì sera e ieri mattina, erano ormai orientati a formalizzare la richiesta di grazia, dopo aver vagliato attentamente il comunicato del Capo dello Stato con il Cavaliere. Ma nel bilancio della nota quirinalizia, col passare delle ore, i punti negativi crescono a scapito di quelli positivi, agli occhi di Berlusconi, che cambia idea ogni minuto e a seconda degli interlocutori. E il suo pool difensivo è totalmente in balia dello stato umorale dell'ex premier, dilaniato tra la maschera filogovernativa da tenere su nell'ufficialità e la pancia che lo spinge a rispondere picche a Napolitano e a far saltare il banco. Negli alti e bassi della depressione esasperata dall'insonnia ormai totale, due restano i punti fermi dai quali Berlusconi non si schioda. «Non mi dimetterò mai da senatore», continua a giurare con il pensiero fisso alla Giunta per le Immunità, che dovrà pronunciarsi sulla sua decadenza tra fine settembre e fine ottobre. È così tetragono il Cavaliere, perché è certo che, se lui risparmiasse a se stesso e ai suoi senatori il calvario parlamentare della sua espulsione da Palazzo Madama con il beau geste delle dimissioni, un attimo dopo gli piomberebbe addosso il mandato d'arresto di una procura. Progetti futuri - L'altro faro nella tormenta psicologica e politica di Berlusconi resta la rinascitura Forza Italia, che lui battezzerà a metà settembre. Ma non è più così sicuro di volersi ricandidare lui. Escluso, per il momento, che ad ereditarne la leadership sarà la primogenita, la quale ha smentito di nuovo la sua imminente discesa in campo. E nella nebbia calata di nuovo sulla vetta del centrodestra si riaffaccia l'ipotesi Angelino Alfano. Il segretario del Pdl, infatti, potrebbe appendere al chiodo la grisaglia di vicepremier e capo del Viminale, e dedicarsi a tempo pieno al partito, se il governo Letta supererà indenne i marosi dell'estate. di Barbara Romano