In galera per tutta la vita:il terrore di BerlusconiEcco perché rischia grosso
Non solo Mediaset: la vera paura sono le mazzate Ruby e De Gregorio. A quel punto salterebbe anche l'indulto. E sarebbe prigione vera
Il nodo di tutto è la calendarizzazione degli altri processi a carico di Silvio Berlusconi. A cominciare dal caso Ruby, chiuso in primo grado con la condanna a sette anni di reclusione, più l'interdizione perpetua dai pubblici uffici per il Cavaliere. Il vero spauracchio viene soprattutto da qui. E dalle scadenze che questo processo per concussione e prostituzione minorile, celebrato a Milano, comporta. Nei giorni scorsi, il leader del Pdl, con i suoi difensori non ha discusso soltanto della scelta della misura afflittiva che entro il 30 ottobre dovrà presentare al Tribunale di sorveglianza lombardo, per evitare (qualora non lo facesse) di finire dritto in cella. L'ex capo del governo ha passato in esame anche i rischi derivanti dall'altra spada di Damocle pendente sulla sua testa: ossia il Rubygate, appunto. Facendo quelli che in gergo domestico si chiamano “i conti della serva”, il rischio che Berlusconi possa finire in carcere senza più uscirne è di fatto reale. Come reale è anche l'accerchiamento senza scampo che, non solo Milano col suo rito ambrosiano, ma anche Roma, non più porto delle nebbie, hanno ormai realizzato nei suoi confronti. Eccoli, allora, i calcoli contro il tempo cui è costretto il Cavaliere. E l'incrociarsi, ultra-pericoloso, delle altre sentenze in arrivo. La prima condanna Ruby viene inflitta lo scorso 24 giugno dal collegio presieduto da Giulia Turri, il quale rincara drammaticamente il conto presentato da Ilda Boccassini e condanna il Cavaliere a 7 anni (invece di 5), con cancellazione perpetua dai pubblici uffici. Entro fine settembre, passati i canonici novanta giorni, saranno depositati i motivi di questo verdetto arrivato con la formula del rito immediato. Le difese avranno quarantacinque giorni per impugnare. Due mesi e rotti per il deposito delle carte. Entro la fine dell'anno, temono gli avvocati dell'ex premier, il fascicolo potrebbe già arrivare alla Corte d'Appello. Quanto impiegheranno le toghe milanesi a sentenziare di nuovo contro l'ex premier? Se ci guardiamo alle spalle e osserviamo i tempi impiegati per le tre sentenze Mediaset, ci sentiamo autorizzati a sospettare che i magistrati abbiano deciso di correre come mai avevano fatto e come raramente fanno con qualsiasi altro imputato che non sia Berlusconi. Per il caso Mediaset, infatti, la condanna di primo grado (4 anni di reclusione più 5 di interdizione) è arrivata il 26 ottobre 2012, per bocca del presidente Edoardo D'Avossa. Motivazioni depositate (clamorosamente) contestualmente al verdetto. Il 18 gennaio 2013, ossia dopo soli tre mesi, è cominciato l'Appello. Sentenza con condanna confermata, l'8 maggio. Quattro mesi dentro i quali sono compresi la pausa per le elezioni politiche e per i legittimi impedimenti chiesti da Berlusconi ricoverato in ospedale. La Cassazione con la condanna tombale, si sa, è arrivata il 2 agosto: dopo la fissazione urgente decisa il 9 luglio. I magistrati hanno viaggiato veloci come treni. E se con Ruby intenderanno replicare, per Belusconi saranno guai. Perché se davvero (come vero sarà) il fascicolo di questo processo arriverà entro l'anno in Appello, significa che la sentenza si può prevedere già a primavera (febbraio, marzo). Cassazione? Visto l'andamento rapido (a prescindere dal rischio prescrizione di là da venire), è possibile un nuovo verdetto definitivo in autunno. Forse già prima che l'ex premier abbia terminato di scontare la condanna definitiva a un anno di prigione (3 sono cancellati dall'indulto del 2006) per Mediaset. E se il verdetto dovesse essere ancora di condanna, Silvio Berlusconi sarebbe senza speranza. Privato del passaporto, non può certo andarsene. E perfino l'indulto è ormai una carta già giocata per Mediaset. Hai voglia dire, magari anche solo provocatoriamente: «Vado in galera!». Il rischio non solo che questo si avveri, ma che addirittura Berlusconi in cella ci debba perfino rimanere, è tutt'altro che campato per aria. Grazia? Amnistia? Oppure quale clemenza potrà mai scansare dalla testa del leader del Pdl la spada dei restanti processi che pende inesorabile? Sul suo conto, oltre a Ruby, ci son altri procedimenti seppure meno “pericolosi” per la libertà personale. Vediamoli. Caso Ruby2: l'uomo di Arcore non è imputato in questo procedimento chiuso con la condanna per Fede, Mora e Minetti a 7 e 5 anni, ma il Tribunale di Milano ha chiesto alla Procura di aprire un fascicolo a suo carico. Scopo: verificare se l'ex premier, insieme con i suoi avvocati e 30 testimoni che in aula hanno osato contrastare la tesi dell'accusa, non abbia dichiarato il falso sulle cene a villa San Martino. O, ancora peggio, non abbia comprato il silenzio dei testimoni risultati a lui favorevoli. Milano ma anche Bari; con il caso delle escort portate a Palazzo Grazioli nel 2009 da Giampaolo Tarantini. La Procura il 19 luglio ha chiuso le indagini ed è pronta a chiedere il processo. Il 23 ottobre ancora una scadenza a Napoli; col gup Amelia Primavera che, dopo le dichiarazioni dell'ex senatore dell'Idv Sergio De Gregorio che lo accusa di averlo corrotto con 3 milioni di euro, deve decidere se rinviare a giudizio Silvio per una presunta compravendita di senatori. Corruzione e finanziamento illecito le accuse. Si prescrive a settembre 2015. Il prossimo settembre, invece, si estingue Unipol e la condanna a 1 anno per violazione del segreto d'ufficio. di Cristiana Lodi