Pd, renziani in rivolta: lo spettro della scissione
Incassa il nuovo colpo basso, ufficialmente non parla, ma Matteo Renzi fa trapelare il suo pensiero: "Sono matti, totalmente matti", dice dei vertici del Partito democratico. "Vogliono massacrare me, ma così facendo rischiano di ammazzare il partito. Prima ero in silenzio stampa, ora sono senza parole". Il sindaco di Firenze è sconcertato, deluso, arrabbiato. Come previsto, la nomenklatura del Largo del Nazareno vuole confezionare un pacchetto di regole per le primarie con cui farlo fuori. Secondo quanto proposto da Guglielmo Epifani, che sposa la linea Franceschini-Bersani-Fioroni, potranno scegliere il segretario soltanto gli iscritti. Renzi spiega ai suoi: "La verità è che Epifani e Franceschini hanno mostrato le carte. Adesso il loro piano è diventato più chiaro: vogliono tenere in piedi Guglielmo alla segreteria e soprattutto il governo Letta". E vogliono far fuori lui: questo non lo dice, ma lo ha già fatto capire più volte e in più contesti. Spettro scissione - Alla direzione di venerdì, però, l'aria era cambiata. Se ne sono accorti un po' tutti. Renzi compreso: "Ho visto una sala in rivolta contro Epifani e Franceschini. Eravamo in tanti". Già, anche il "partito romano", questa volta, non digerisce la linea proposta dal segretario Epifani. In molti si schierano apertamente con Renzi: Gianni Cuperlo, Matteo Orfini e i giovani turchi, Pittella. E anche Rosy Bindi, che pur mettendo in chiaro che lei non voterà Renzi critica aspramente la scelta di recintare il bacino elettorale delle primarie. Un Pd più spaccato che mai, insomma, dove torna ad aleggiare pesantemente lo spettro della scissione. La pattuglia dei renziani insiste da tempo, cerca di convincere Matteo ad andarsene, a farsi il suo partito. Poche ore fa sottolineavano come la fronda si allargasse: in Largo del Nazareno, chi per convinzione e chi per totale sfiducia nei confronti della vecchia classe dirigente, sono sempre di più quelli che potrebbero seguire il rottamatore. Le due opzioni - Matteo, pur stuzzicato dall'idea, non vuole però mollare. L'obiettivo principale è quello di portare a termine il vecchio progetto, ossia completare la scalata al Partito democratico, imponendosi eventualmente sia alle primarie per la segreteria sia a quelle per il candidato premier, quando si terranno. Renzi prende atto dei segnali positivi registrati in assemblea, ma ora vuole controbattere colpo su colpo: "Non si rendono conto che questa cosa gli scoppia tra le mani", confida il sindaco a un deputato suo amico. La prima opzione, in definitiva, resta quella della battaglia all'interna del recinto del Pd. La seconda è quella della guerra fuori. La parola "scissione", Renzi, non l'ha mai pronunciata. Ma continua a far capolino nella sua testa, in quella dei suoi fedelissimi e anche in quella di qualcuno che, tra i democrat, non ci aveva ancora pensato. di Andrea Tempestini @antempestini