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Finanziamenti ai partiti, rinviata la discussione del ddl: "Prima le Riforme costituzionali"

La discussione slitta ad agosto, ma difficilmente il taglio verrà approvato prima dell'estate. La Gelmini annuncia battaglia: "Niente dilazioni"

Sebastiano Solano
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Solo qualche giorno fa il premier Enrico Letta annunciava su twitter che sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti il governo "non farà nessun passo indietro". Di più. Aveva persino paventato l'ipotesi di agire per decreto nel caso il Parlamento avesse continuato a fare melina. 'Minacce' che però non hanno sortito l'effeto sperato. Priorità al ddl Riforme - Il provvedimento, infatti, non sarà più all'esame dell'aula di Montecitorio venerdì 26, come stabilito nei giorni scorsi dalla conferenza dei capigruppo, ma slitterà ai primi di agosto. Per il governo, infatti, la priorità va al ddl sulle Riforme costituzionali, che rischia di finire su un binario morto se non viene approvato in prima lettura alla Camera entro agosto. I due ddl sono entrambi in Commissione e, fino ad oggi, andavano di pari passo. Ma la fiducia al Dl Fare e l'ostruzionismo del M5s allo stesso decreto, ha fatto saltare tutto, per cui è diventato impossibile rispettare la tabella marcia.  Ancora un rinvio - Da qui la decisione di rinviare di una settimana la discussione sull'abolizione del finanziamento pubblico. Se ne parla, quindi, ai primi d'agosto. Per l'approvazione, invece, bisogna attendere settembre. Maria Stella Gelmini, però, annuncia battaglia: "Non vogliamo dilazioni di sorta, procederemo contestualmente". Ma, nonostante le rassicurazioni di diversi esponenti del governo di Pd e Pdl, che confermano la volontà di procedere speditamente e di abolire i rimborsi elettorali entro l'estate, sarà praticamente impossibile arrivare all'approvazione del provvedimento, vista anche la chiusura delle camere e considerato che il M5s ha intenzione di proseguire nella sua battaglia ostruzionistica. Insomma, ancora un rinvio. Come già per Imu, Iva e F-35, solo per fare qualche esempio, anche stavolta il governo ha infatti deciso di giocare di rimessa. Peccato.

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