Pd spaccato su Alfano. Renzi: "Dimissioni". Letta: "Non c'entra"
Come hanno capito nel Pdl, il vero pericolo per l'esecutivo di larghe intese si chiama Matteo Renzi. Le battaglie del centrodestra su Imu e Iva, in fin dei conti, rientrano nella normale dialettica tra partiti, tanto più che entrambi, Pd e Pdl, fanno parte della maggioranza. Allo stesso modo, il cosiddetto problema giustizia è un falso problema: Silvio Berlusconi, sin dall'inizio, ha sempre tenuto a ribadire come sia sua intenzione tra le sue grane giudiziarie e il percorso del governo. Renzi contro Letta - La vera mina è invece il sindaaco di Firenze. Supportato dal gruppo di fuoco di Repubblica-Espresso - nonché da imprenditori del calibro di Della Valle, Montezemolo, Farinetti e Briatore - Renzi è ormai da settimane in campagna elettorale. Ora, con Letta in evidente difficoltà nel tentativo di disinnescare le mine Calderoli-Alfano - al centro delle polemiche per aver insultato la Kyenge il primo; per la vicenda del dissidente kazako il secondo -, è arrivato il momento per Renzi di far saltare il banco, buttando giù da Palazzo Chigi Enrico Letta. Il patto del "Gimme Five", stretto dai due non più di un mese fa, è già un ricordo. Il rottamatore dà dell'"indegno" ad Alfano per aver scaricato le responsabilità dell'affaire kazako sulle forze dell'ordine, ma forse è più indegno chi, per giocarsi una partita personale - la corsa a Palazzo Chigi - mette a rischio il futuro del governo e dell'Italia. Il colpo di grazia - I lanci di coltelli seguiti al voto sulla richiesta di sospensione del Parlamento richiesta dal Pdl sono stati solo il primo segnale della voglia di Renzi di far saltare il banco. Il viaggio alla corte della Merkel, a cui seguiranno altri incontri con le cancellerie europee e non solo, per ottenerne la benedizione è il secondo. Sulla vicenda del dissidente kazako, l'ex-rottamatore spera ora di dare a Letta il colpo di grazia: è stato lui in prima persona, infatti, ad 'invitare' Letta a prendere le distanze dalle giustificazioni che Alfano ha dato alle camere. Ed è a causa delle rimostranze dei suoi che la riunione, prevista per oggi, mercoledì 18 luglio, sulla linea da tenere riguardo le mancate dimissioni di Alfano (chieste a gran voce dai renziani), è stata posticipata. Il piano in tre mosse - Il clima in casa Pd, insomma, è infuocato. Renzi procede a passo spedito verso il suo obiettivo: Palazzo Chigi. Deve però fare i conti, per quanto riguarda il governo, con Giorgio Napolitano, restìo ad andare alle urne con questa legge elettorale. E deve fare i conti soprattutto, con i vertici del Pd, che lavorano in maniera forsennata per imepdirgli di vincere il prossimo Congresso del partito. Abbattere Letta, vincere le Primarie e impadronirsi di Palazzo Chigi: è questo il piano in tre mosse del sindaco di Firenze. Dopo aver rottamato (o tentato di rottamare il Partito democratico), Renzi mira ad abbattere Alfano per poi far cadere Letta. Mira a rottamare l'Italia, facendosi un baffo di crisi economica e possibili ricadute in caso di crisi di governo. Lo scontro - Ed è in questo contesto che lo scontro sul governo sta diventando asprissimo. Secondo il vicecapogruppo del Pd a Palazzo Madama, Stefano Lepri, e altri 12 senatori vicini a Renzi, Alfano si deve dimettere. In una nota congiunta scrivono: "Chiederemo al Pd, nella riunione dei gruppi domani, di sostenere la richiesta di dimissioni del ministro". Il fronte di chi vuole far fuori il ministro dell'Interno si fa di ora in ora più folto, il governo rischia. Da par suo il premier, Enrico Letta, da Downing Street a Londra dove ha incontrato l'omologo britannico David Cameron spiega: "Ho letto attentamente la relazione che abbiamo chiesto al prefetto Pansa, da cui emerge l'estraneità di Alfano dalla vicenda. Fin dall'inzio ho scelto una linea di massima trasparenza". Poi su Renzi: "Nessun problema con lui". I nomi - I problemi, però, esistono eccome. I fedelissimi del rottamatore infatti non mollano. Così i firmatari della lettera ribadiscono: "Il passo indietro di Alfano serve per restituire al governo, la necessaria credibilità sul piano internazionale e nazionale". A sostenerlo con il vicecapogruppo Lepri sono i senatori Roberto Cociancich, Andrea Marcucci, Rosa Maria Di Giorgi, Laura Cantini, Stefano Collina, Vincenzo Cuomo, Isabella De Monte, Mauro Del Barba, Nicoletta Favero, Nadia Ginetti, Mario Morgoni e Venera Padua. La "squadra" aggiunge: "La leggerezza che ha portato alla consegna della signora Shalabayeva e di sua figlia alle autorità di un Paese autoritario non è ammissibile. Siamo preoccupati per la loro sorte e per l'immagine che abbiamo dato al mondo, ovvero quella di uno Stato dove si possono calpestare i diritti umani, ad insaputa del governo. Inoltre il precedente che ha portato al passo indietro di Josefa Idem rende le dimissioni di Alfano scontate. Il Pd le chieda ufficialmente, senza incomprensibili timori reverenziali". "Non strumentalizzate" - Poi la palla torna a Renzi, che interviene in serata. Prima spara ancora contro Alfano: "E' indegno scaricare tutto sulle forze dell'ordine". Poi però il rottamatore finge di voler tirare indietro la mano. Non ci sta a passare per l'accoltellatore di Letta e nega con forza (come potrebbe essere altrimenti?) di voler far cadere il governo: "Dicono che tutta questa vicenda nasca dalla mia ansia di far cadere il governo. Ma la realtà dei fatti è che io non ho alcun interesse a far saltare il Governo Letta''. Il riferimento è alla mozione di sfiducia nei confronti del ministro dell'Interno Alfano. Come detto, i renziani sono in prima fila nel chiedere le dimissioni, insieme a Sel e M5s. Poi, però, non lesina altre bordate contro il suo partito. Scrive nella sua newsletter: "Una bambina di sei anni è stata prelevata da quaranta agenti, messa su un aereo e adesso vive con la mamma agli arresti domiciliari in un Paese non libero. Questa - aggiunge - non è l'Italia che vogliamo costruire. Se scelgono questa vicenda per regolare i conti tra le correnti del Pd, mi vergogno per il Pd". Venerdì perderà - Renzi attacca. Tira bordate al governo. Dice che non ne vuole la caduta ma mira alle elezioni e a candidarsi alla premiership. L'ultima occasione per raggiungere obiettivo, come spiegato nell'articolo, è il caso del kazako. Peccato però che Renzi, con tutta probabilità, ha fatto male i conti. Per innescare l'effetto domino deve sperare che venga approvata la mozione di sfiducia ad Alfano. Ipotesi remota, quasi impossibile. Anche ipotizzando, al Senato, che una ventina, o una trentina di senatori del Pd votino la sfiducia (e aggiungendo al mazzo anche qualcuno del Pdl), Alfano sarebbe blindato: la maggioranza resterebbe nettissima. Se a questo ci aggiungiamo il fatto che, con tutta probabilità, la maggioranza si allargherà ancora (la Lega Nord ha fatto sapere che voterà a favore del ministro dell'Interno), appare chiaro che il piano di Renzi è mal congegnato e che lui verrà battuto.