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Ablyazov, Scajola contro Alfano: "Non poteva non sapere"

Giulio Bucchi
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Alfano sapeva tutto del caso Kazakistan, parola di insaputo. E' Claudio Scajola, ex ministro degli Interni finito nella bufera e dimessosi per lo scandalo della casa pagata "a sua insaputa", a rifilare una bella coltellata alle spalle del collega di partito e successore al Viminale Angelino Alfano. "Come fa un ministro a non sapere?", si chiede malizioso dalle colonne del Fatto Quotidiano. Intervistato da Carlo Tecce, Scajola svela il meccanismo del Ministero, nell'occhio del ciclone in seguito al blitz della polizia che ha portato in 48 ore al prelievo nella loro casa romana di Alma Shalabayeva e della piccola Alua, moglie e figlia del dissidente kazako Ablyazov, e al loro rimpatrio. "Tre stanze, pochi, metri, pochi passi" separano, spiega il Ras del Pdl in Liguria, l'ufficio del ministro e quello del suo capo di gabinetto: "I due non si possono incontrare per caso, il capo di gabinetto è il filtro per il dipartimento e, viceversa, il ministro non può che compulsare questo filtro". "O sapeva, o non sapeva: se ne vada" - Come minimo, Scajola incontrava il suo braccio destro tre volte al giorno: la prima alle 8 del mattino per fare il punto della giornata, poi a pranzo e infine a tarda sera, per il resoconto finale. Possibile dunque che Alfano sia stato "fregato" dal capogabinetto Giuseppe Procaccini? si chiede Scajola. La risposta gliela fornisce il Fatto, e lui concorda: Alfano o sapeva e ha agito male oppure non sapeva e non controlla il ministero. "E, come diceva il mio maestro, ex ministro al Viminale Paolo Emilio Taviani, quando ti accorgi di non avere la fiducia dei tuo sopposti, vattene via". Probabilmente, il caso cavalcato dalla sinistra è un polverone montato ad hoc per danneggiare Alfano e, con lui, Silvio Berlusconi e il governo Letta. Altrettanto probabilmente, però, una fetta del Pdl non aspettava altro per regolare qualche conto con la segreteria del partito...

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