Caso Ablyazov, l'Italia revoca l'espulsione di moglie e figlia: "Grave che il governo non sia stato informato"
Le parenti del dissidente kazako erano state rimpatriate per sbaglio. Riunione tesa tra Letta, Bonino, Cancellieri e Alfano. Sel e M5S chiedono la testa di Angelino: "Gravissime responsabilità sul caso"
Dopo le indagini svolte per ordine del presidente del consiglio Enrico Letta, il Ministero dell'interno revocherà il provvedimento di espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov. La notizia arriva da Palazzo Chigi, dopo la riunione tra il premier e i ministri degli Esteri Emma Bonino, della Giustizia Annamaria Cancellieri e degli Interni Angelino Alfano: "La signora Alma Shalabayeva potrà rientrare in Italia, dove potrà chiarire la propria posizione", si legge nella nota. Dall'indagine è anche emerso che i vertici del Governo non erano a conoscenza dell'esistenza e dell'andamento delle procedure di espulsione. Ignari lo stesso Letta, il ministro dell'Interno e i ministri degli Esteri e della Giustizia. "Dal punto di vista formale - sottolinea Palazzo Chigi - la regolarità del procedimento e la sua base legale sono state accertate e convalidate da quattro distinti provvedimenti di autorità giudiziarie di Roma. Tuttavia, resta grave la mancata informativa al governo sull'intera vicenda, che comunque presentava sin dall'inizio elementi e caratteri non ordinari. Spetterà ai vertici della polizia verificare le responsabilità connesse alla mancata informativa". Il Governo, colti i profili di protezione internazionale che il caso ha sollevato, si è immediatamente attivato "per verificare le condizioni di soggiorno in Kazakistan della signora e della figlia". La polemica su Alfano - Sel ha annunciato la mozione di sfiducia contro il ministro dell'Interno Angelino Alfano. Lo stesso Nichi Vendola aveva chiesto chiarimenti ad Alfano e, con due post su Twitter, ha invitato il vicepremier a dare spiegazioni: "Il ministro deve rispondere subito delle forzature di polizia su vicenda familiari dissidente Kazakistan". E ancora: "Una vicenda opaca, con ancora troppi misteri. Inaccettabile aver fatto un favore al dittatore kazako: vogliamo la verità". In serata ha esplicitato la richiesta di dimissioni. Anche il M5S intanto chiede la testa di Angelino Alfano, adducendo le sue "gravissime responsabilità" sul caso. Ma la replica giunge immediata da Gaetano Quagliarello, ministro per le Riforme costituzionali: "Ancora peggio che accusare senza conoscere i fatti, è perseverare in accuse senza alcun fondamento dopo che i fatti sono stati accuratamente ricostruiti e ampiamente spiegati con dovizia di particolari - afferma - A meno che tali accuse non siano animate da mera strumentalità politica. Ma anche alla strumentalità dovrebbe esserci un limite". Fu il gabinetto di Alfano a dare l'ordine per il rimpatrio, fatto in fretta e furia con un aereo da Ciampino, in stretta collaborazione con Renato Schifani, facendo sorgere dubbi su un retroscena che includeva la presunta amicizia tra Silvio Berlusconi e il dittatore kazako Nursultan Nazarbaev. Resta comunque il paradosso di un governo italiano ancora una volta sprovveduto sul piano della politica internazionale, senza pensare al fatto che ora sarà il regime di Nazarbaev a dover acconsentire al ritorno in Italia di moglie e figlia dell'oppositore politico. Ipotesi questa, come dire, altamente improbabile. Il fax del ministero degli Esteri - A infittire ancora di più il mistero sull'estradizione della moglie e della figlia del dissidente karazaco, è inoltre spuntato un fax del Ministero degli Esteri. Fiorenza Sarzanini sul Corriere racconta di come la Farnesina, il 29 maggio scorso, abbia risposto all'ufficio immigrazione della Questura di Roma che chiedeva conferma che la donna godesse dell'immunità diplomatica. Il fax, firmato dall'addetto Daniele Sfregola, attesta che la signora non goveda di questo diritto: era stata candidata all'ambasciata del Burundi a divetare console onorario per le regioni del Sud Italia, ma che quella candidatura era stata ritirata. Il documento dimostra non solo che il ministero degli Esteri era a conoscenza del caso Ablyazov, ma anche che dopo aver fatto una ricerca sulla donna non era risucito a scoprire che si trattava della moglie del dissidente che il 7 luglio 2011 ha ottenuto lo status di "rifugiato" politico in Gran Bretagna.