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Settanta senatori Pd a Epifani:"Siamo un partito di c..."

Sebastiano Solano
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"Basta con gli autogol, ora serve un scatto d'orgoglio". E' questo, in sintesi, il contenuto della lettera aperta sfirmata da 70 senatori del Pd per chiedere uno scatto d'orgoglio. Al Pd. Insomma, se la cantano e se la suonano, verrebbe da dire. L'ennesimo paradosso di un partito impegnato a farsi la guerra. L'iniziativa prende le mosse dalla concitata giornata di ieri, quando il Pdl ha chiesto, dopo la decisione della Cassazione di anticipare la sentenza Mediaset, una giornata di sospensione dei lavori parlamentari per riflettere sul da farsi.  Ieri lo scontro - Sul punto il Pd, come al solito, si è spaccato. All'ordine di scuderia del segretario del Pd Guglielmo Epifani di votare a favore della richiesta sono stati in molti a disobbedire. Alcuni non hanno preso parte al voto, altri hanno votato contro, altri ancora lo hanno fatto con il mal di pancia. Tra i dissidenti Rosy Bindi, i renziani e i prodiani. Un tutto contro tutti che ha riportato indietro il Pd, fino ai convulsi giorni che hanno poi portato alla rielezione di Napolitano al Colle. Dopo il lancio di stracci, insomma, oggi il Pd prova con questa lettera a serrare le fila.  Un errore di comunicazione - Si legge nel testo: "La distanza tra quanto comunicato in queste ore e ciò che davvero è accaduto e sta accadendo nelle aule parlamentari è davvero paradossale". E ancora: "Appare in gran parte incomprensibile -sottolineano gli esponenti Pd - l'occasione che sta perdendo il Pd di spiegare e valorizzare le scelte, certo faticose e non facili, dei suoi parlamentari. Siamo concordi nel giudizio critico sugli eventi di ieri, la drammatizzazione di vicende giudiziarie del leader di un partito, il Pdl, con toni e modalità che nessuno di noi ha condiviso. Piacerebbe, però, vedere uno scatto d'orgoglio da parte del Pd e che fossero comunicate meglio le nostre buone ragioni al Paese. A cominciare - proseguono - dalla fatica e dalla responsabilità nel sostenere un Governo chiamato a realizzare riforme a fronte di una crisi gravissima".  Le larghe intese vanno avanti - Insomma, il tutto viene derubricato ad un errore di comunicazione, ad una cattiva gestione dell'intera vicenda. Il documento è firmato da 70 senatori provenienti dalle diverse correnti del Pd: veltroniani, bersaniani, giovani turchi. Scrivono ancora i sentori piddìni: "È demagogico invocare il ritorno alle urne quando tutti sappiamo che il porcellum ci restituirebbe un parlamento altrettanto frammentato e ingovernabile. Non sosterremmo un minuto di più questa maggioranza se non pensassimo che possa produrre in tempi certi le scelte di cui il Paese ha bisogno - concludono i senatori - Ma oggi rivendichiamo che questa è la miglior scelta che si possa fare date le circostanze".  Il vero problema del Pd - Come dire: abbiamo fatto bene a concedere al Pdl la giornata di sospensione. Ed è necessario che il governo Letta prosegua il suo cammino. E' solo che non siamo riusciti a spiegarlo bene agli italiani, è il ragionamento. Un modo autoassolutorio, questo del Pd, per ribadire la necessità delle larghe intese, senza peraltro affrontare le vere cause di quanto successo ieri: le spaccature interne al partito, la miriade di correnti interne in lotta tra di loro che sono ormai diventate un tornado, pronto a travolgere alla prima occasione l'esecutivo di Letta. In sintesi, con questa lettera il Pd si autoprocessa e poi si autoassolve, evitando di occuparsi dei fatti 'contestategli'. Un capolavoro.

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