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Ruby, Berlusconi non molla Letta. I motivi: Fisco e Napolitano

Berlusconi nel mirino: visto da Benny

Giulio Bucchi
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Su un piatto ci sono rabbia e senso di ingiustizia. Sull'altro, fisco e Napolitano. Per ora, a poche ore dalla condanna-choc al processo Ruby, la bilancia di Silvio Berlusconi pende di più sul secondo lato, quello "razionale". Secondo le indiscrezioni provenienti dagli ambienti vicini al Cavaliere, sarebbe stato proprio lui a placare le ire dei falchi del Pdl, che volevano la "fine della pacificazione" (parola di Maurizio Cicchitto) e la rottura con il Partito democratico per protestare contro la "sentenza da colpo di stato" delle toghe milanesi. Un atteggiamento di questo tipo, naturalmente, segnerebbe la fine del governo Letta, quello delle "larghe intese". Proprio per questo, il Cavaliere frena. Fisco e non solo - A botta calda, il segretario azzurro Angelino Alfano aveva chiamato il leader: "Silvio, tieni duro". E al di là delle parole di forte delusione del Cav, Berlusconi lo farà. I motivi, come detto, sono almeno due. La possibilità di incassare, nel giro di poche settimane, due aperture fondamentali per la politica del Pdl come Iva e Imu. Due provvedimenti-bandiera su cui Letta sta faticosamente cedendo. Staccare la spina ora significherebbe mandare tutto a monte. Non solo. Con quali prospettive concrete? Far cadere Letta, infatti, non significherebbe tornare alle urne, anzi. Il timore fondato di Berlusconi è che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non sciolga le camere oppure, in alternativa, rimetta il mandato. E a quel punto? La strada sembra segnata: il Pd (o almeno una buona parte di esso, perché con i dem non si sa mai) molla il Pdl e riabbraccia Sel e Movimento 5 Stelle e sia in un caso sia nell'altro appare già pronto per il ribaltone. Incognita Napolitano - Se Napolitano lascia, si deve tornare a votare il presidente: logico pensare a un nome "grillino" come Stefano Rodotà. E a quel punto, il destino in Parlamento per Berlusconi potrebbe essere segnato, dall'autorizzazione all'eventuale arresto (la sentenza di Cassazione del processo Mediaset, con Cav condannato in appello a 4 anni ed interdizione, arriverà ad ottobre) fino alla incandidabilità, cavallo di battaglia del M5S. Se invece Napolitano resta, ma non scioglie le camere, ecco la maggioranza rossa Pd-Sel-M5S in rampa di lancio. E anche in questo caso, sarebbe una Caporetto per il leader Pdl. Ecco perché, forse, conviene mandare giù il rospo e tenere duro, sperando in tempi migliori. di Claudio Brigliadori

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