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Ribaltone Pd-dissidenti 5 stelleBerlusconi carica i suoi:"Non riusciranno a farci fuori"

Fausto Carioti
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Renato Brunetta prega che il sogno di Pier Luigi Bersani si avveri. «Io», proclama speranzoso il capogruppo del deputati del Pdl contattato da Libero, «sarei felicissimo se il Pd facesse un governo con i grillini. Durerebbe tre mesi, al termine dei quali andremmo subito alle elezioni, dove vinceremmo noi con il 60 per cento dei voti. Come diceva Fantozzi: faccino, faccino pure. Li voglio vedere». Non tutto il Pdl la pensa così. Il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello, professore universitario come Brunetta, auspica l'esatto opposto: «Voglio troppo bene a questo Paese per augurarmi che finisca nelle mani di un governo raccogliticcio formato da Pd e grillini. Anche perché non potremmo comunque andare alle elezioni in pochi mesi, visto che non abbiamo la legge elettorale. E prima che si vada al voto questi ci potrebbero massacrare. Sarebbe meglio per l'Italia che noi fossimo l'anima riformatrice di questo governo, riformassimo lo Stato e scrivessimo le nuove regole assieme al resto di questa maggioranza, e solo dopo andassimo alle elezioni. Avremmo costruito le premesse per battere la sinistra in un quadro che non sarebbe più di guerra civile strisciante».  In difesa del governo si schierano anche Mara Carfagna, portavoce del gruppo Pdl alla Camera (quello di cui Brunetta è presidente), convinta che «l'esecutivo di Enrico Letta è l'unico possibile», e la vicecapogruppo di Montecitorio, Mariastella Gelmini, per la quale «pensare di sostituire il Pdl con alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle è una operazione che forse numericamente potrebbe riuscire, ma che politicamente è del tutto inaccettabile». Daniela Santanché giudica invece impossibile la manovra tentata da Bersani: «È un'operazione di corto, cortissimo respiro, che non vedrà mai la luce».  E Silvio Berlusconi? Come al solito, nel Cavaliere si riassume tutto quello che si dice e si pensa dentro al Pdl. È lui che dà carta bianca a Brunetta e Renato Schifani, quando criticano i ministri con toni bruschi (ma ieri i due capigruppo hanno avuto solo parole al miele per l'esecutivo). Ed è sempre lui che dice ad Enrico Letta e a Quagliariello che il governo deve andare avanti con le riforme, il più velocemente possibile. Come è abituato a fare in simili situazioni, il fondatore del Pdl gioca su più tavoli, almeno sino a quando non sono chiare tutte le variabili della partita. E stavolta le variabili decisive sono le tasse: il sostegno al governo Letta è forte, ma condizionato al taglio dell'Imu e al mantenimento dell'Iva sui valori attuali.     Leggi l'approfondimento di Fausto Carioti  su Libero in edicola domenica 16 giugno  

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