Il sogno dell'Alemanno sconfitto:nuova An con Storace e La Russa
Il sindaco uscente, stracciato da Ignazio Marino nella corsa al Campidoglio, sogna una riedizione del partito. Ci sarebbe l'ok dell'ex governatore del Lazio. Mentre l'ex ministro...
«Il voto nella Capitale ha in sé un elemento simbolico e mi spiace che la candidatura di Gianni Alemanno non sia stata confermata e premiata», dice Angelino Alfano, «ma la vita continua, e il governo di larga coalizione vive obiettivamente oltre il perimetro delle battaglie amministrative parziali. Roma è Roma, ed è su questo che si è votato». Non su altro come qualcuno - con troppa malizia - ha voluto sottolineare legando la sconfitta di Alemanno con la nomina della moglie Isabella Rauti a consigliere del ministro dell'Interno, cioè Alfano, per le politiche di contrasto della violenza di genere e del femminicidio. Polemiche fuori luogo quanto fini a se stesse. Perché i nodi da sciogliere ora, sono ben altri. «Alla luce dei risultati delle amministrative, il centrodestra deve far tesoro degli errori commessi, al pari delle grandi vittorie ottenute da Silvio Berlusconi», dice Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'italia, «e il più significativo è sicuramente quello di aver sottovalutato il radicamento sul territorio: i partiti, infatti, sono luoghi essenziali nei quali le democrazie si allenano prima di scendere in campo e le tv non bastano se non si hanno le leve necessarie per cambiare una città secondo la propria visione del mondo». Vero, peccato che la frammentazione di una galassia come quella della destra romana, l'appoggio al governo Letta e il suo inevitabile corollario, abbiamo finito per determinare lo scollamento con la base. Ammesso, che esista ancora. Eppure qualcuno starebbe già lavorando ad una “cosa di destra”. «Si è avviato un confronto ma le posizioni sono ancora diverse», dice l'ex deputato Silvano Moffa, «in questo momento la destra nel Pdl non esiste più. È un momento difficile». Aggravato, in parte, dalle antipatie personali e dagli antichi rancori. Al momento il dialogo sarebbe tra le varie anime un tempo tutte attorno a Gianfranco Fini. L'ex presidente della Camera ha fatto un passo indietro, ma ci sono altri che stanno lavorando ad un piano di rilancio. Ci sarebbe l'ok di Storace, «ma anche La Russa e Alemanno sono interessati», spiega Donato Lamorte memoria storia della destra. «Si tratta di ricostruire una nuova identità», spiega Moffa, «non di riproporre un vecchio profilo ormai superato. Non dobbiamo creare qualcosa per sopravvivere a noi stessi». Anche perché sarebbe fuori luogo e fuori tempo, visto che Alemanno ha ammesso di non aver «nessuna recriminazione da fare nei confronti del Pdl o di Silvio Berlusconi, che è stato presente al primo turno come al ballottaggio». Non a caso Fabrizio Cicchitto sposta il tiro sul vero tema di fondo. «L'astensionismo crescente costituisce un elemento negativo per tutti», dice il deputato del Pdl, «ma colpisce in primo luogo il centrodestra ovunque e in modo assai chiaro a Roma. Alemanno ha pagato a caro prezzo l'essersi dovuto misurare in tutto il corso della sua esperienza con una durissima operazione di riduzione del debito pregresso, che certamente è stata fatta in modo consistente ma che di sicuro non ha aggregato consenso come avviene spesso con le operazioni di risanamento finanziario». Tutto più semplice, invece, per il centrosinistra, nonostante il paradosso. Tanto forte nelle amministrative, quanto debole è claudicante alle politiche. Al punto da stare al governo come un soldato al fronte, consapevole del fatto che il vero nemico è il fuoco amico. Ovvero Matteo Renzi. Che adesso potrà consolarsi con Ignazio Marino. di Enrico Paoli