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Berlusconi si tiene stretto Letta: "Con lui il Pdl vola nei sondaggi"

Berlusconi esulta: finché continua così non butteremo giù il premier

Giulio Bucchi
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  «Epocale». Silvio Berlusconi non si era mai spinto tanto nel suo endorsement sul governo Letta. «È la prima volta che centrodestra e centrosinistra governano insieme: una maggioranza che in Parlamento potrebbe approvare davvero tutto, perché ha grandi numeri», ha detto ieri in un'intervista a Studio Aperto. Ancora: «Si può mettere fine a quella guerra fredda e civile che dura da tanto». Di più: «Sono fermamente convinto che abbiamo tra le mani una occasione straordinaria, non facciamocela sfuggire. Io ci conto che sia possibile finalmente una pacificazione». Il climax di questo peana sta nella sua promessa: «Io e noi faremo tutto il possibile e daremo il nostro sostegno più forte e leale a questo governo e a questa maggioranza». Il Cavaliere, insomma, è con il governo in carica, nonostante le sentenze e in barba ai falchi del Pdl. L'ulteriore riprova è quest'ultima sviolinata, che ha raggiunto tali picchi anche perché Berlusconi ha letto gli ultimi sondaggi che dimostrano come il sostegno al governo Letta non abbia minimamente penalizzato il suo partito e la coalizione di centrodestra, anzi. Fosse per il Cav, quindi, il premier potrebbe dormire sonni tranquilli ancora per molti mesi. Quello che preoccupa Berlusconi non è tanto il governo, ma il Pd. È alla parte più irragionevole e antigarantista che lui si è rivolto ieri quando ha detto: «Sono venute fuori ipotesi abbastanza divertenti: un'ineleggibilità del sottoscritto dopo vent'anni di voti di milioni di elettori italiani e dopo tanti Parlamenti che hanno sempre approvato la sua eleggibilità. Dall'altra parte, addirittura la ineleggibilità o la incandidabilità del M5S che è votato da milioni di italiani. Questo qualcuno è un genio, perché eliminato Berlusconi e il Pdl, eliminato Grillo e il M5S, il Pd correrebbe da solo. Mi domando dove e perché l'hanno tenuto nascosto fino adesso». L'insolito assist del Cav ai 5 Stelle, in realtà, vuole essere un avvertimento al partito di Letta, perché capisca che il suo sostegno al governo non è senza se e senza ma.  Berlusconi lega il suo appoggio all'esecutivo a due condizioni. La prima è il proprio gradimento, che per ora continua a crescere. «Siamo stabili sopra al 29 per cento e la nostra coalizione attuale è sopra al 35», esultava ieri sventolando i sondaggi davanti ai fedelissimi riuniti ad Arcore, «se continua così, Letta da noi non avrà problemi». Ma se il Cav si rendesse conto che fare da stampella a questo governo dovesse logorare il suo consenso, allora sì che ridarebbe fiato alle trombe del voto subito. Un'ipotesi che tornerebbe prioritaria per Berlusconi anche nel caso in cui questo governo avallasse una recrudescenza giudiziaria invece di rafforzare le garanzie degli imputati. Per questo, ieri ha riaperto lui il capitolo innominabile della sua ineleggibilità, ventilata la scorsa settimana dal capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Luigi Zanda: perché non vuole che né l'esecutivo, né il Pd assumano un atteggiamento antigarantista nei suoi confronti. Pena, la fine del governo Letta. Non l'ha detto esplicitamente Berlusconi, ma l'ha fatto dire al presidente della commissione Giustizia del Senato, Nitto Palma: «Se il segnale politico che viene dalla Giunta per le elezioni propende per l'ineleggibilità». Le due condizioni, la crescita nei sondaggi e la linea garantista, al momento ci sono tutte. Ecco perché Berlusconi ieri, parlando poi al Tg5, è arrivato a sponsorizzare il governo annunciando persino un «decreto shock» in materia di economia, che comprende tutti i cavalli di battaglia del Pdl, a partire dall'abrogazione definitiva dell'Imu. E ha spostato a pieno il piano di riforme dell'esecutivo in carica: «Bisogna che il governo avvii con il Parlamento la riforma dell'architettura dello Stato affinché il nostro Paese diventi finalmente governabile. Noi vogliamo il dimezzamento del numero dei parlamentari, maggiori poteri al primo ministro e l'elezione diretta del Presidente della Repubblica». Il Cav, insomma, fa di tutto per enfatizzare questa fase di luna di miele tra lui e il governo Letta, perché il partito del premier non gli giochi brutti scherzi.  D'altro canto, che il Pd abbia un serio imbarazzo a sventolare la bandiera giustizialista è dimostrato dall'atteggiamento che ha assunto ieri nella Giunta per le elezioni del Senato, dove si stava per compiere un passaggio delicatissimo per la tenuta stessa del governo. All'ordine del giorno c'era, infatti, la nomina del nuovo presidente e, di conseguenza, il rischio di una spaccatura del partito di Guglielmo Epifani, visto che uno dei primi provvedimenti all'ordine del giorno sarà la proposta per le ineleggibilità di Berlusconi annunciata dal M5S. Il centrodestra con Lega e Gal ha otto senatori. Otto ne ha il Pd, quattro M5S, e uno Sel. Se tiene l'asse tra il Pdl, Lega e Pd potrebbe essere eletto il leghista Raffaele Volpi. Ma se una parte del Pd (ne bastano quattro) seguirà le indicazioni espresse nei giorni scorsi da Felice Casson (contrario a una presidenza leghista), la Giunta avrà un presidente grillino, l'avvocato siciliano Mario Giarrusso, e virerà verso posizioni ostili al Cav, che potrebbe essere dichiarato ineleggibile in quanto concessionario pubblico, ai sensi della legge 361 del 1957. La scelta della conferenza dei capigruppo di rinviare la seduta alla prossima settimana, duramente criticata dai grillini, però non è stata determinata solo dalle spaccature nel Pd, ma anche dalle ambizioni della Lega. In ballo c'è, infatti, anche il Copasir, al quale la Giunta per le elezioni è legata al doppio filo. Il Carroccio, infatti, punta in primis a ottenere la presidenza del Copasir, che controlla i servizi segreti, che però è molto ambito anche da vendoliani. Se i leghisti vincessero questa partita si aprirebbe un'autostrada per Sel e per il M5S sulla Giunta per le elezioni. Un'autostrada che però rischia di asfaltare il governo Letta.   di Barbara Romano    

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