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Renzi, la retromarcia paracula:"Un errore la rottamazione"

Il clamoroso mea culpa nel suo ultimo libro: "La parola spaventa i quarantenni". Lo dice perché dopo il ko di Prodi e l'exploit di Letta teme il fallimento

Andrea Tempestini
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  di Francesco Specchia I due papi biancovestiti che s'abbracciano; il Gangnam Style -record su Youtube; Ferguson che scolla le terga dalla panchina del Manchester United dopo eoni: le vibratili evocazioni pop di Matteo Renzi nel suo nuovo libro, Oltre la rottamazione, (Mondadori) oggi presentato al Salone del Libro di Torino sono vapore acqueo, rispetto ai suoi piani elettorali in controluce. Scrive, Renzi, nel primo capitolo, a proposito della sua presunta guerra interna al Pd con Enrico Letta: «Siamo considerati in competizione, ma siamo innanzitutto amici. Raro esempio di cordiali relazioni tra un fiorentino e un pisano, dai tempi di Dante: chiunque sarà il candidato avrà il totale appoggio dell'altro». E conferma così l'idea -tutta lettiana- di trovare nel sindaco di Firenze l'alleato giusto per accompagnare i vecchi oligarchi del partito all'ospizio, ma gentilmente, senza che se ne accorgano. Infatti qui sta la notizia. Renzi oggi ripudia la parola che l'ha lanciato: «Quando una parola, rottamazione, entra così fortemente nella vita quotidiana, significa che funziona. Ma è anche vero che in una comunità come quella italiana, dove il 70 per cento della popolazione è over 40, forse l'impatto è stato eccessivo. Ho impaurito. Dunque ho sbagliato». E realizza d'aver sbagliato -racconta Renzi- quando incontra Giuseppe un imprenditore liberale di 46 anni (l'età di Letta) il quale gli racconta che, con quella parolina urticante in bocca, non l'avrebbe più votato. Forse, col senno del poi, l'homo novus farebbe diversamente. Forse oggi sarebbe egli stesso il premier di un elettorato in fuga. Epperò, un po' di quella foga eversiva - in alcuni casi assai simile all'iconoclastia di Grillo- è in parte servita. «Ora c'è il Parlamento più giovane della storia repubblicana e ci siamo trovati con un presidente del Consiglio under 50. Io ho perso alle primarie, ma la rottamazione ha vinto alle secondarie. Non posso che gioirne: il destino personale è meno rilevante del cammino delle idee». E ancora: «Voglio essere il primo a dire basta con la rottamazione». E lo dice. La qual cosa, il mea culpa, è assai nobile -cita perfino James Matthew Barrie, il padre di Peter Pan, che afferma «Dio ci ha donato la memoria, così possiamo avere le rose anche a dicembre» -, ma non si può escludere che sia anche sottilmente paraculo. Renzi, la sua bella scoppola l'ha presa nel momento in cui Romano Prodi, da lui fortemente sostenuto per la Presidenza della Repubblica è stato trafitto come un tordo. E si è reso conto che la scimitarra non era poi tanto affilata il giorno in cui, in un incontro romano con Alfano, gli viene passato Berlusconi al telefono che tranquillamente gli spiega: «Non c'è un veto nostro, caro sindaco. Semplicemente non vogliamo te, preferiamo Amato e Letta...». «C'è un problema di vocali, insomma», battuteggia Renzi «volevo prendere il voto dei delusi di Berlusconi, arrivo a prendere il veto». Dev'essere in quel momento che il sindaco realizza che non si può mettere di traverso alla faticosa arrampicata a Palazzo Chigi di Letta, il leader silenzioso che «ha solo dieci anni» più di lui.  E deve'essere allora che Renzi decide di stoppare i templari «renziani» già pronti alla strategia dello sfondamento perchè non se la sentivano di perdere un giro: «Qualcuno fa strategia: “Prendiamo il partito. Tu fai il segretario, così lo controlliamo. Sei mesi e si stacca la spina al governo”». Renzi rifiuta. E scrive di trovare fastidioso perfino quella frase, che sa di malattia terminale. Nel resto del libro emergono ritratti («Casaleggio, ha quel suo-non-so-che alla Patti Smith che per chi come noi sogna che «people have the power» è comunque intrigante. Non sono invece convinto che sia davvero innovativo il modo con il quale Grillo comunica sulla rete); si rincorrono i sogni kennedyani e le lezioni del nonno Adone («L'onestà si limita a non rubare. La moralità va oltre. La moralità è mantenere le promesse. La moralità in politica significa fare le cose»); si tracciano strategie invisibili. E si capisce che al prossimo giro il sindaco sarà lì, dietro l'angolo. Rottamazione o no.  

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