Pd, Epifani segretario: "A Brescia Berlusconi mette mine nel governo"
di Claudio Brigliadori "Questa è una giornata in cui qualcuno a Brescia sta tornando a mettere una mina". Bisogna capire "se questo è un governo negli interessi del Paese o si antepongono gli interessi di una persona a quelli del Paese". Se il buon giorno si vede dal mattino, il Pd targato Guglielmo Epifani potrebbe creare non poche turbolenze al già fragile governo di Enrico Letta. Nel suo intervento alla Nuova Fiera di Roma, all'assemblea che lo consacrerà segretario reggente fino al congresso di ottobre, l'ex numero uno della Cgil è tornato a calcare la mano sull'anti-berlusconismo che ne aveva caratterizzato l'esperienza nel sindacato rosso tra 2002 e 2010. Quando Marina Sereni annuncia l'elezione a segretario reggente di Epifani, l'applauso della sala è tiepidissimo. D'altronde. la sala è mezza vuota: presenti solo 510 delegati su 1.000. A votare l'ex Cgil sono stati in 458 (l'85,8%), mentre le schede bianche sono 76. Niente affatto poche. "Mettiamo la faccia nel governo" - Dopo aver chiarito che l'incarico ricevuto è più un onere che un onore ("Devo dire con grande onestà che non ho cercato questo incarico, ma davanti a tante sollecitazioni con la stessa fermezza dico che non potevo sottrarmi alla responsabilità. E' nella mia storia e nel mio costume provare a dare una mano, interrogarmi su cosa si può fare"), Epifani debutta chiarendo la linea sul governo di larghe intese, a cominciare dalle priorità ("ammortizzatori sociali, Iva bloccata e Imu con una soglia di esenzione più alta"): "Non abbiamo solo bisogno di sostenere lealmente il suo governo, ma ricostruire un tessuto sociale di sostegno al governo. Così facciamo più forte l'azione del governo e il radicamento del Pd". Il punto resta il Partito democratico. "Se decidiamo di correre per questa strada dobbiamo farlo con coraggio e determinazione perché è la strada che segnerà il nostro futuro - ha detto ancora parlando del governo -. Mettiamoci anche la nostra faccia che è sinonimo di serietà, correttezza e lealtà". In questo senso, è interessante notare come la posizione di Epifani ("mettiamoci la faccia") sia sostanzialmente lontana anni luce da quella, un po' imbarazzata, di una Rosy Bindi (che ha chiesto il "non coinvolgimento" del partito nel governo Letta...). Certo, ricorda Epifani, "coraggio non vuol dire incoscienza. Troverei molto incosciente di un partito che non sappia risollevarsi quando Cecile viene offesa e minacciata, lei ha bisogno di sentire noi accanto a lei e non che parliamo d'altro o ci dividiamo in questa fase", ha detto parlando del ministro Kyenge. Un partito da rifondare - Per fare questo, però, serve un partito vero. Integro. Quello che al momento il Pd non è. "Un grande e serio partito non ha paura di un congresso che, per quanto difficile, rappresenta il cuore di un rapporto democratico, di un'identità di una grande organizzazione". "I congressi si devono preparare bene, fare una scelta: se vogliamo fare un congresso vero di discussione tra di noi, che provi a fare il punto non solo degli ultimi 4 anni e ripensare davvero a quello che va cambiato, allora è fondamentale la modalità e organizzazione della nostra discussione in termini inclusiva ma seria". "Se tutto si dovesse risolvere sul voto su un candidato - ha puntualizzato Epifani -, faremmo l'inverso del percorso che dobbiamo fare". E niente cecchini né coltellate alle spalle: "Deve essere una discussione esplicita. Di gran lunga, lo dico per il bene di tutto, preferisco una discussione esplicita sulle linee da seguire con tutte le conseguenze piuttosto che coprirla dietro un nome e un cognome". Ora "bisogna recuperare un senso di appartenenza, grazie anche alla straordinaria lealtà generosità del gruppo fondativo". E "siccome non abbiamo alle spalle una grande storia del Pd, e il nostro è davvero l'unico partito non personale, dobbiamo provare con tutte le fatiche e le difficoltà non solo a salvare questa identità ma a fare in modo, ognuno per sé e poi per tutti, di considerare questo progetto come in grado di stare in campo per un lungo futuro, al riparo dai rischi di chi sale e scende a seconda delle convenienze, e di garantire a chi ci sta che questa storia deve avere un grande futuro". E ai giovani di Occupy Pd ha ribadito le sue ragioni: "Non c'era alternativa a questo governo e vedevo che nei loro occhi c'era la preoccupazione. E lì ho toccato con mano il tema che abbiamo davanti: noi dobbiamo parlare e non possiamo e non dobbiamo permetterci di abbandonare quei ragazzi".