"Cav delinquente". Mediaset, tutti i dubbi e le forzature di una sentenza lampo
Tour de force in aula, nessun nuovo teste ammesso e il giudizio pendente della Consulta ignorato: in soli cinque mesi le toghe hanno ribadito la colpevolezza di Silvio
di Filippo Facci @FilippoFacci1 Se anche la legge fosse uguale per tutti, la discrezionalità nel disporre le pena cambia da uomo a uomo. E i giudici sono uomini, pare. Ecco: nel caso della reiterata condanna di Berlusconi, diciamo così, è davvero difficile non scorgere una determinazione e una volontà che prescindono da considerazioni giuridiche: e che paiono umane, molto umane. Verrebbe da dire che un certo rito ambrosiano, ormai, prescinde anche da Berlusconi, come ben sanno tanti avvocati meneghini: Milano da tempo è divenuta la sede meno ambita da chiunque debba affrontare un processo, fosse pure l'ultimo dei poveracci. Nel caso di Berlusconi che poveraccio non è, vediamo che i profili critici si moltiplicano. Anzitutto i tempi: meno di cinque mesi per un appello (la sentenza di primo grado è del 26 ottobre) e quindi un «privilegio» che trasformerebbe la nostra giustizia in una lepre, se fosse applicato a tutti. L'impostazione notarile dell'Appello - che è sembrato, più che altro, un mero controllo di legittimità del primo grado - si è specchiata in un calendario di udienze da tour del force e, soprattutto, nella decisione di non ammettere nuovi documenti né nuovi testi, compreso l'uomo accusato di essere socio di Berlusconi nella frode, lo statunitense-egiziano Frank Agrama. Non stiamo neanche a citare la mancata volontà di trasferire a Brescia questo e altri processi: non ci credeva nessuno. Già diverso è il discorso che riguarda l'attesa sentenza della Consulta sul conflitto di attribuzione legato alla mancata sospensione di un'udienza, un ricorso avanzato dalla difesa tempo fa: la presidenza di Montecitorio si era rivolta alla Consulta dopo che il tribunale milanese aveva rifiutato il rinvio di un'udienza nonostante Berlusconi fosse ufficialmente impegnato in attività di governo. Era il marzo 2010. E che i giudici non aspettino la decisione della Consulta può anche accadere, ed è accaduto anche in primo grado: ma resta raro. A dirla tutta, è prassi che i giudici si fermino poco prima di una sentenza in attesa di una decisione che appunto riguarda quello specifico processo; se la Consulta decidesse che nel 2010 vennero violate le prerogative del premier, del resto, la sentenza di ieri potrebbe uscirne azzerata. Ma è un'eventualità che a Milano nessuno considera. L'interdizione Gli aspetti più significativi, infatti, restano altri. I giudici hanno confermato la condanna a 4 anni per frode fiscale (che scenderebbero a un solo anno grazie all'indulto del 2006) ma soprattutto hanno confermato i 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e i 3 anni di interdizione dagli uffici direttivi: una scelta che se confermata dalla Cassazione - ma è lecito dubitarne: la Cassazione, per ora, non è ancora a Milano - potrebbe allontanare definitivamente il Cavaliere dalla politica. È anche vero che a essa, alla politica, spetterebbe comunque l'ultima parola attraverso la giunta autorizzazioni del Senato: ma ora non fa testo. Lo fa che la fama di «scontifici» delle Corti d'Appello ha trovato l'ennesima smentita milanese: la pena è stata sì confermata, ma in primo grado i pm avevano chiesto una pena addirittura inferiore: 3 anni e 8 mesi. Non si citano neanche i dieci milioni di risarcimento da versare all'erario: quelli erano «in via provvisionale» e Berlusconi ha già dovuto pagarli. Corsia veloce La sentenza-fotocopia riguarda anche le sorti del presidente di Mediaset Fedele Confalonieri: assolto con formula piena. E riguarda anche le sorti del citato produttore Frank Agrama, presunto socio occulto di Berlusconi: 3 anni di carcere, come in primo grado. Non l'hanno neppure ascoltato, Agrama: e tutto dichiaratamente per correre, per scongiurare lo spettro della prescrizione. Velocità batte completezza, al punto che il Procuratore generale ha addirittura rinunciato alla replica. La prescrizione, tuttavia, dovrebbe scattare nel settembre-ottobre 2014 (i calcoli non sono ancora precisi) e quindi c'era e resta tutto il tempo per arrivare in giudicato, eventualità che il citato «privilegio» goduto da Berlusconi non potrà che favorire. Nell'attesa, resta il calco fedele di una sentenza di primo grado che il presidente del collegio della Prima sezione penale, Edoardo d'Avossa, aveva letto accludendone immediatamente le motivazioni: una procedura d'urgenza decisamente rara e che gli consentì di ravvisare in Berlusconi «una naturale capacità a delinquere mostrata nella persecuzione del disegno criminoso», disse. In italiano: un delinquente.