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Silvio avverte i democratici"Insultatemi ancora...e il governo cade"

Berlusconi cow-boy, visto da Benny

Berlusconi stufo dei veti della sinistra alla sua candidatura alla guida della Convenzione. Ma lui non molla. Maroni: "Preoccupato per la salute dell'esecutivo"

Andrea Tempestini
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  di Salvatore Dama «Continuino a insultarmi. E questo sarà il governo più breve della storia...». Silvio Berlusconi proprio non riesce a mandare giù la quotidiana razione di attestati di disistima che arriva dagli “alleati” del Partito democratico. Anche ieri. Ci ha pensato prima Walter Veltroni a ribadire che il Cavaliere è unfit per la Convenzione delle riforme. E poi il ministro dell'Ambiente Andrea Orlando. Che ha invitato l'ex premier ad «avere senso della misura», sostenendo che una sua indicazione a capo della commissione che sarà chiamata a riscrivere la seconda parte della Costituzione non va nel senso della «pacificazione». Poi c'è anche chi, come Sandra Zampa e Pippo Civati, dà voce al dissenso interno al Pd sulla opportunità di rivedere la Carta Costituzionale.  Insomma la faccenda si complica. Tanto che Roberto Maroni si è detto «preoccupato» per la salute dell'esecutivo. «O la Convenzione parte entro giugno o credo che la sorte del governo Letta sia segnata. Meglio tornare al voto». Berlusconi ieri ha taciuto. Ma da Arcore trapelava «insofferenza» per «i veti dati in pasto ai giornali» dagli esponenti democratici. «Ora stanno esagerando. Dopo essersi accaparrati quattro cariche istituzionali adesso vogliono anche scegliere chi dei nostri debba guidare la Convenzione. Non esiste». Silvio non molla. Il rango di “padre costituente” è una cosa a cui tiene. Come coronamento della sua esperienza politica. Ma anche in chiave giudiziaria può essere d'aiuto. È un ruolo, quello del presidente della Convenzione, che può essere assimilato alle alte cariche istituzionali. Ponendo il Cavaliere al riparo dalle «aggressioni giudiziarie». Il tutto in un quadro di «pacificazione» tra poteri dello Stato che, tuttavia, il Pd sembra non voler agevolare «preferendo invece continuare la loro crociata contro di me». Domani, intanto, è in programma il vertice tra Pd e Pdl per decidere le presidenze delle Commissioni permanenti di Camera e Senato. Riunione importante. Perché martedì sono convocate le Commissioni e devono votare. E perché, specie a Palazzo Madama, ci sono delle rigidità dei dem su alcune candidature pidielline non facili da rimuovere. Solito discorso. Che riguarda due temi caldi, le telecomunicazioni e la giudizia. Ebbene il Pd non vuole che a guidare queste due Commissioni ci siano gli esponenti proposti dal Pdl. Ovvero, gli ex ministri Paolo Romani e Francesco Nitto Palma. Gli azzurri mettono sul piatto della bilancia le presidenze delle due “Affari Costituzionali” per Anna Finocchiaro e Gianclaudio Bressa. Ma la trattativa non è affatto in discesa. La Commissione Esteri del Senato sembra avere già un presidente certo, invece: è Pier Ferdinando Casini. Anche se, dentro Scelta Civica, c'è chi accusa l'Udc di accaparrarsi le poltrone migliori. Alla Esteri di Montecitorio il favorito è Fabrizio Cicchitto, mentre per la Commissione Lavoro si fa il nome dell'ex ministro Maurizio Sacconi.   

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