I ministri del governo Letta: ecco chi sono i loro "padri politici"
Per comporre la squadra di Letta è stato necessario accontentare molte pedine: ecco quali, e come. Vince il "partito Napolitano" (e quello di Cl)
di Sebastiano Solano I 21 ministri del nascente governo Letta non sono stati scelti a caso. O meglio, non solo in base alle loro competenze. Criterio fondamentale nella composizione delle liste è stata anche, ovviamente, l'appartenenza partitica, ma soprattutto la corrente di riferimento all'interno di ciascun partito. Ma c'è di più: oltre ai partiti, un ruolo cruciale l'ha svolto Giorgio Napolitano, che ha avallato la presenza nell'esecutivo di diverse personalità. Un sorta di manuale Cencelli, insomma, raffinato e chirurgico. Ma andiamo nel dettaglio Gli azzurri - Il Pdl ha portato a casa cinque importanti caselle ministeriali: Angelino Alfano, che sarà anche il vice di Letta, presiederà il Viminale, il ciellino Maurizio Lupi sarà a capo della Difesa, mentre Beatrice Lorenzin sarà il prossimo ministro della Salute. Nunzia De Girolamo sarà invece a capo del ministero delle politiche agricole. Niente da fare per gli altri big del Pdl, su cui è calato il veto del Pd. Il 'saggio' Gaetano Quagliariello si occuperà invece del delicatissimo tema delle riforme costituzionale, il vero banco di prova del governo delle larghe intese. Ma sulla nomina di Quagliariello è pesata molto anche la manina di Napolitano, che non più tardi di 15 giorni fa lo nominò nella commissione dei saggi. I rossi - Molto più complessa la situazione nel Pd. Diviso in mille fazioni in guerra tra di loro, tanto che un giorno si e l'altro pure viene paventata una possibile scissione, Enrico Letta ha dovuto operare una difficilissima opera di mediazione tra le diverse anime. Così, ha piazzato Maria Chiara Carrozza, sua fedelissima, all'Istruzione, oltre ad aver voluto espressamente Cecile Kyenge, incoraggiato dalla mossa della Lega che si è messa all'opposizione. Lo sconfitto Pierluigi Bersani è stato invece accontentato con il ministero dello Sport affidato a Josefa Idem, eletto nel listino bloccato del segretario dimissionario, e con il Sindaco di Padova Flavio Zanonato. A rappresentare i 'giovani turchi' nel governo ci sarà invece Andrea Orlando, mentre a rappresentare l'area Dem (Franceschini e Veltroni), comunque molto vicina a Letta, è lo stesso Franceschini. Graziano Del Rio sarà poi il presidio di Matteo Renzi nel governo, mentre Massimo D'Alema viene tenuto buono con la nomina di Massimo Bray alla Cultura. Il centrino - Sui nomi c'è stato un vero e proprio regolamento di conti all'interno di Scelta civica. Enzo Moavero è un fedelissimo di Mario Monti, mentre Mario Mauro è stato voluto direttamente dal capo dello Stato, così come Anna Maria Cancellieri. Casiniani, montezemoliani e l'area che fa riferimento al fondatore della Comunità di Sant'Egidio sono invece rimasti a bocca asciutta. Una vendetta del Professore, che non ha gradito alcune uscite dei suoi parlamentari in seguito alla debacle elettorale e, soprattutto, una staffilata a Casini, che in un'intervista aveva giudicato un errore imperdonabile quello di essersi alleato con Monti. I rapporti tra la montezemoliana Italia Futura e Monti sono invece incrinati da un bel po': questo è solo un altro round di una guerra di logoramento che va avanti da prima delle elezioni. Il partito di Napolitano - Il vero vincitore di questa intricata partita è però Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica ha piazzato i suoi uomini in diversi ministeri chiave. Abbiamo già accennato a Mauro e Quagliariello, già incaricati dallo stesso Napolitano nel ruolo di saggi. A loro si aggiungono Fabrizio Saccomanni e Anna Maria Cancellieri, espressamente voluti dal capo dello Stato in due ministeri che si annunciano incandescenti, ossia, rispettivamente, quello dell'Economia e quello della Giustizia. Ma non basta. Diretta emanazione di Re Giorgio è anche il mago dei numeri Enrico Giovannini, presidente Istat, che si occuperà delle politiche sociali. Doppio colpo Cl - Dall'anomalo governo di larghe intese, dove l'attenzione per la rappresentanza di tutti i centri di potere è stata quasi maniacale, il grande sconfitto è il Vaticano. Merito del cambio della guardia sul soglio di Pietro? Può darsi. Quel che è certo è che molti, moltissimi cattolici erano tra i papabili ma alla fine sono stati scartati. Non ce l'ha fatta, come detto, Andrea Riccardi, non è stato nemmeno preso in considerazione il potentissimo capo delle Acli Andrea Olivero ed è rimasto fuori dai giochi anche l'Udc di Casini, se si esclude la nomia di D'Alia. A fare l'en plein è stata invece Comunione e Liberazione che ha messo a segno un doppio colpo: Maurizio Lupi e Mario Mauro.