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Il Cav vuole i suoi bigMa Letta fa il "grillino": è già scontro sui ministri

Berlusconi ed Enrico Letta

Silvio ai suoi: "Senza la nostra prima linea al governo fate saltare il banco e torniamo al voto". Ma il premier incaricato vuole solo "facce nuove"

Andrea Tempestini
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  In volo verso gli Stati Uniti, Silvio Berlusconi detta la linea ai suoi. Giovedì è giorno di consultazioni con Enrico Letta per la formazione di quello che è a tutti gli effetti un governo di larghe intese. Un governo di chiara matrice politica. Il Pd ha spinto per Enrico Letta perché non poteva "permettersi" Giuliano Amato: un nome troppo criticato, troppo compromesso. Ma che il Cav preferisse Amato a Letta non era certo un mistero (per quanto nemmeno l'ex sottosegretario sia visto come il fumo negli occhi). Ma con Letta, la matrice "politica" diventa ben più evidente. Così arriva l'ordine di Berlusconi: se Letta e i suoi non accettano nella squadra di governo i nostri nomi più pesanti facciamo saltare il banco per andare al voto. E i sondaggi suggersicono agli azzurri la strada delle urne: il vantaggio del centrodestra sarebbe cospicuo sia sul centrosinistra sia sul Movimento 5 Stelle. Berlusconi e Letta si sarebbero anche sentiti al telefono. Il Cav avrebbe confermato la sua posizione: "Non vogliamo creare problemi, ma non firmeremo nessuna cambiale in bianco". "Siamo in terra incognita" - Le prime indiscrezioni, rilanciate dal sito Dagospia, riferiscono di un Letta tutt'altro che incline ad accettare le condizioni del Pdl. Il nipote di Gianni, infatti, non vorrebbe né vecchi ministri del governo Monti né del governo Berlusconi. Un veto che è buono anche per i nomi di Largo del Nazareno: Letta insiste per volti politici nuovi, oppure per nuovi tecnici non "compromessi" dalla parentesi dei Professori. Si profila insomma un nuovo scontro, perché Berlusconi ha le idee chiare, anzi chiarissime, e non sembrano coincidere con quelle del premier incaricato (che ha già premesso nel suo primo breve intervento: "Non sarà governo a tutti i costi"). Letta, da par suo, in serata non si è sbilanciato sui tempi con cui scioglierà la riserva: "A seconda dell'esito delle consultazioni capiremo come saranno le giornate di venerdì e sabato. Quale sarà il profilo del mio governo? Vedremo. Ascolto a tutti e a tutti dirò delle cose, poi vedremo". Quindi il premier incaricato ha spiegato che "il primo pomeriggio di lavoro mi conferma tutte le grandi difficoltà. Però sono stati talmente tanti i messaggi e le spinte di incoraggiamento che mi sento rinfrancato. La difficoltà - ammette - la vedo tutta. Siamo in terra incognita. Passo passo si capiscono modalità e obiettivi". I nomi - Le "incognite" più grandi, ora, sono quelle relativi ai nomi della squadra di governo. E i nomi sul banco in via dell'Umiltà, come detto, sono quelli della prima linea pidiellina. Ci sono anche i falchi, i nomi "sgraditi", a partire da Renato Brunetta che ha già parlato chiaro: "Se non si abolisce l'Imu andiamo subito al voto". Per la vicepremiership il Cav spinge per Angelino Alfano (in lizza c'è anche Mario Mauro di Scelta Civica). L'ex Guardasigilli sarebbe perplesso: il ruolo è difficilmente conciliabile con quello di segretario del partito. Berlusconi vuole anche tre, quattro ministri sui dodici ipotizzati. Ci sono anche i nomi: Renato Schifani alla Difesa, Gaetano Quagliariello alle Riforme, quindi proprio Brunetta (un nome scomodo con il quale il Pdl alza l'asticella) e magari Maria Stella Gelmini. Si discute anche di Fabrizio Cicchitto, che l'ex premier vorrebbe come sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi. "Se voi mettete in campo la vostra prima fila - questo il ragionamento del Pdl - noi mettiamo la nostra".  Nessuna deroga - Alfano, Brunetta, Cicchitto, Quagliariello, Schifani, Gelmini: tutti nomi che secondo le indiscrezioni sul Letta-pensiero non sarebbero spendibili. Nomi che già circolavano quando si pensava che Giorgio Napolitano avrebbe affidato il governo ad Amato. Nomi che il dottor Sottile avrebbe accettato. Nomi che invece, Letta, potrebbe respingere al mittente minando la possibilità che nasca un esecutivo. Il Pdl, da par suo, non ha intenzione di derogare dalla linea dell'intransigenza: "Il Pd ha tutte le cariche istituzionali e ora anche il premier, nessun patto può essere gratuito", spiegano da via dell'Umiltà. E Alfano si è già mostrato sospettoso: "Abbiamo la netta impressione che il Pd un governo forte non voglia farlo, ma non psosa dirlo". Chi storce il naso - I maldipancia pidiellini, nelle ultime ore, si sono moltiplicati. Daniela Santanchè ha spiegato: "Fermo restando che la presa di posizione che rappresenta tutto il partito è racchiusa nel comunicato di oggi di Alfano, ribadiamo che con Letta non c'è nessun problema. Il problema infatti non è Enrico Letta, ma il suo partito". Non esattamente i toni conciliatori auspicati da Napolitano. Quindi Maurizio Gasparri: "Aspettiamo Enrico Letta, ma condividiamo le parole del nostro segretario Alfano. O governo vero e politico dai contenuti condivisibili, o nulla da fare". Poi Deborah Bergamini: "Sono d'accordo anche sul fatto che il governo non debba nascere a tutti i costi ma solo su basi solide. Un governo fragile e non pienamente legittimato, infatti, sarebbe una soluzione peggiore dello stesso ritorno alle urne". Infine le parole di Lucia Ronzulli: "Al Paese, agli italiani, serve un governo forte che abbia una chiara connotazione politica: noi ne siamo consapevoli e il nostro impegno va in questa direzione; speriamo che ne sia consapevole anche il Pd e si comporti responsabilmente di conseguenza".  

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