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Per non ritrovarsi in un incuboil Cavaliere dovrà fare il ministro

Silvio Berlusconi visto da Benny

Nicoletta Orlandi Posti
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  di Franco Bechis @FrancoBechis Silvio Berlusconi l'altra notte ha avuto un incubo. In sogno gli è apparso il governo che Carlo Azeglio Ciampi varò il 28 aprile 1993. Una vita fa, ma quante coincidenze con queste ore. Era un governo tecnico-politico, di emergenza istituzionale, forse il primo governo del presidente della Repubblica. Allora c'era Oscar Luigi Scalfaro, oggi c'è Giorgio Napolitano. Ma è una delle poche differenze. Nell'incubo sono apparse le lunghe discussioni e i tormenti del principale partito della sinistra italiana, che all'epoca si chiamava Pds e oggi ha perso  la «s». «Entriamo o no al governo come ci chiede il capo dello Stato?». Più o meno la stessa domanda che ieri girava nello stanzone della direzione Pd. La risposta allora come oggi fu sofferta: «Sì, entriamo». Ed entrarono Augusto Barbera, Luigi Berlinguer, Vincenzo Visco e pure Francesco Rutelli che all'epoca militava nella Federazione dei Verdi. Sette giorni dopo il Parlamento che si apprestava a dare la fiducia al governo Ciampi negò alla procura di Milano l'autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi. Il Pds che era ancora un partito serio molto comunista tremò di fronte alla pancia dei militanti, della rabbia della piazza, del popolo del fax. E mandò a quel paese Scalfaro, Ciampi e il proprio onore facendo dimettere dal governo il 4 maggio Barbera, Berlinguer e Visco (e Rutelli fece la stessa cosa). Questa premessa dell'incubo di Berlusconi era vera, una sorta di film dell'istituto Luce. Sono le immagini di oggi a rendere più cupo quel sogno: parte il governo, obbedendo a Napolitano. Una settimana dopo la procura di Milano o quella di Napoli, o quella di vattelappesca chiede l'arresto di Berlusconi. Oppure il tribunale di Milano lo condanna nel processo Ruby. O in appello in un altro processo. Parte il popolo dei tweet e di Fb, la pancia del Pd esplode. In fondo i vecchi leader comunisti solidi come rocce non avevano resistito, cosa c'è da attendersi dal caravanserraglio attuale di una sinistra acefala? L'uomo più rappresentativo del Pd oggi è Enrico Letta. Si tratta della stessa persona che una settimana fa ha detto a Berlusconi: «Non ti devi preoccupare. C'è qualche malcontento, ma il Pd oggi vota compatto Marini, che stasera sarà presidente. Abbiamo contato i voti uno a uno, non ci sarà margine di errore».  Ecco l'incubo che si è materializzato quella notte: il caravanserraglio della sinistra, dove nessuno è più in grado di garantire nulla, molla Berlusconi al suo destino e fa una gran pernacchia al povero Napolitano. Pdl fuori dal governo, sostituito al volo da Sel e Movimento 5 stelle per votare insieme l'incandidabilità di Silvio, conflitto di interessi, etc... Un incubo, appunto. Da cacciare via come i cattivi pensieri. Ma era così realistico… Talmente realistico da non essere scomparso da quella notte dagli occhi del Cavaliere. Come cacciarlo via? In un solo modo: non muovendo un solo passo per entrare in quel tunnel, che presto potrebbe trasformarsi nella ghigliottina in cui volontariamente il leader del Pdl avrebbe adagiato il collo. Certo, è difficile non imboccare quel tunnel. Perché in fondo con la richiesta a Napolitano di restare per sbloccare lo stallo il Pdl ha già messo un piede dentro. Per fortuna a mettere ostacoli per rendere impervio, quasi impossibile quel cammino ci ha pensato il Pd. Quel partito ha già tradito la prima promessa fatta al capo dello Stato: ha posto sue condizioni, sia sul programma che sugli uomini. Era vietato farlo, come ha spiegato ieri Napolitano alla delegazione di Scelta civica: «In queste condizioni bisogna che tutti rinuncino a quel che hanno promesso in campagna elettorale. Bisogna azzerare tutto». Ma il Pd le sue condizioni le ha avanzate, sia pure in maniera furbesca. Ecco, per evitare che l'incubo diventi realtà bisogna seguire una strada parallela. Emergenze programmatiche? Ce ne è una su di tutte: le tasche degli italiani. Bisogna che restino lì disponibili a disposizione dei consumi i soldi che volerebbero via con il pagamento dell'Imu sulla prima casa. E niente scherzi: questo deve essere deciso nel primo consiglio dei ministri. Uomini? Nessuna pregiudiziale del Pdl nei confronti di chicchessia. Deve accadere così anche a parti inverse. Ecco per essere più sicuri che l'incubo non si materializzi, una soluzione c'è: inserire proprio Berlusconi nella lista dei ministri. Ad esempio all'Economia (quando ha chiesto il voto ai quasi 10 milioni di italiani che glielo hanno dato, il Cavaliere si era proposto per quel ruolo). Non va bene lì? Allora agli Esteri, che così mettiamo fine a questa storia odiosa dell'impresentabilità: Berlusconi diventa il biglietto da visita dell'Italia fuori da questi confini. Ecco, è l'antidoto per evitare che l'incubo diventi realtà: con Silvio dentro l'esecutivo è più difficile fargli scherzetti di qualsiasi tipo. E non si tradirebbe nemmeno la fiducia di Napolitano: chi meglio del fondatore del centrodestra garantirebbe la forza di quell'esecutivo, la possibilità che regga nel tempo per fare le riforme chieste a gran voce dal Colle? In fondo anche il Pd, non avendo più Bersani, punta a irrobustire l'esecutivo con il numero uno attualmente in campo: Enrico Letta. Ecco, a queste condizioni forse la luce in fondo al tunnel potrebbe intravedersi. La ghigliottina pronta al fondo restare solo nel brutto sogno. Potrebbe... E se così non fosse chi mai potrebbe costringere un partito che con nuove elezioni trionferebbe a suicidarsi senza opporre resistenza? Con questi pensieri in testa finalmente questa notte Berlusconi ha dormito tranquillo.  

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