Enrico Letta è premier. Altra poltrona al Pd, ma almeno non è Amato
Il vicesegretario democratico convocato alle 12.30 al Quirinale, ormai è tutto fatto. Amarezza per il grande favorito, il Dottor Sottile
di Claudio Brigliadori Questione di minuti. Potrebbe arrivare a metà mattinata di oggi, mercoledì 24 aprile, la nomina da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano del nuovo premier. La scelta con ogni probabilità cadrà su Enrico Letta, che avrebbe battuto sul filo di lana il grande favorito per Palazzo Chigi Giuliano Amato. L'attuale vicesegretario del Pd è stato convocato al Quirinale alle 12.30 per l'ufficialità. Renzi silurato - Se la candidatura di Matteo Renzi a Palazzo Chigi doveva uscire dalla direzione del Pd di ieri, la fumata è stata nerissima. La riunione dei democratici pochi minuti prima della salita della delegazione dal presidente Giorgio Napolitano si è rivelata soprattutto un processo al partito. Pochi hanno speso parole su quello che sarà il futuro governo. Quasi nessuno ha fatto nomi. Un po' per non bruciarli, un po' perché la linea nel Partito democratico non è sembrata particolarmente chiara. Basti pensare a Matteo Orfini, il giovane turco che lunedì sera a Piazzapulita ha lanciato per primo il nome di Renzi, e che in direzione ha tenuto un profilo decisamente più basso: "A me il documento che ci si chiede di votare mi pare che sia una cessione di responsabilità. Esattamente l'opposto di quello che ci ha chiesto Giorgio Napolitano". D'altronde, non ha tutti i torti: il documento votato a maggioranza (7 no e 14 astenuti) prevede "pieno mandato" al presidente della Repubblica. In altre parole, sarà il Quirinale ad indicare l'incaricato, e il Pd si adeguerà. Spifferi dal Colle - Solo Umberto Ranieri ha proposto il sindaco rottamatore di Firenze: "Sarebbe una scelta coraggiosa, risponderebbe alla domanda diffusa nel Paese di un profondo cambiamento, sarebbe un passo importante per la ricostruzione del rapporto della politica con i cittadini". Per chi non lo sa, Ranieri è napoletano e assai vicino al presidente Napolitano. Ecco perché le sue parole suonano quasi come l'eco di una volontà che partiva direttamente dal Colle, magari su suggerimento di altre parti politiche. Anche se c'è chi sussurra di una "scarsa convinzione" di Napolitano stesso nei confronti del giovane rottamatore. E Renzi stesso, subito dopo la direzione, ha parlato di un "no di Berlusconi" in persona. "Bassa intensità politica" - Parte dei democratici, come Orfini, chiedono di fare una o più proposte di candidato premier, senza lasciarsi imporre il presidente del Consiglio da Pdl e Scelta civica. Rosy Bindi, però, ha "ritirato" la candidatura di Enrico Letta: "Ci serve in Parlamento. E' meglio proporre un candidato d'area, che però non rimandi direttamente al nostro partito". Da leggere come Giuliano Amato, per esempio. E sono sempre vive le ipotesi di governo "a bassa intensità politica" presieduto da Enrico Giovannini, presidente Istat, o da Franco Gallo, presidente della Corte costituzionale. Ma il nome di Amato sarebbe già girato al Quirinale durante le consultazioni lampo. E l'unica delegazione ad averlo pronunciato è, sorpresa ma nemmeno troppo, quella del Pdl guidata da Silvio Berlusconi, che nelle dichiarazioni ufficiali è rimasto molto sul vago parlando di "governo politico duraturo". Ma l'ipotesi di un ticket Pd-Pdl, magari un Letta-Letta (Enrico, più Gianni), al Cavaliere non dispiace. Renzi glissa - E' chiaro però che se fosse Napolitano a proporre Renzi, il Pd non potrebbe rifiutare. E' la stessa posizione tenuta dagli onorevoli "renziani" (e non solo onorevoli, basta leggere il dietrofront della neogovernatrice del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani) e da Areadem vicina a Dario Franceschini. Lui, Renzi, fa pretattica: "La mia opzione? E' quella meno probabile". Il problema è che nemmeno il Pd è convinto di quel che farà. Problema ricorrente, in queste settimane.