La Serracchiani salva la faccia al Pd Fa sparire Grillo e crollare Monti
di Simone Paliaga «Il Friuli Venezia Giulia sarà la prima Regione a 5 stelle»: le proverbiali ultime parole famose quelle pronunciate da Beppe Grillo appena qualche giorno fa. Ma non sarà così. Non è bastato il tour regionale in camper dell'ultima settimana a dragare consensi per il suo Saverio Galluccio. Il voto di domenica e lunedì smentisce le speranze del politico genovese. Sull'alto scranno triestino non salirà il candidato grillino, che perde addirittura 7 punti percentuali rispetto alle recenti politiche. Invece la larga astensione, arrivata per la prima volta nella storia quasi al 50%, consegna la vittoria nelle mani di Debora Serracchiani candidata del Pd e di Sel. A farne le spese è il presidente uscente del Pdl Renzo Tondo, sul cui insuccesso grava la forte disaffezione elettorale e il 2,46% conquistato dalla lista civica di centrodestra «Un'altra regione» capitanata da Franco Bandelli e da Alessia Rosolen. La vittoria però è sudata. Un pugno di voti, meno di 2 mila, separa la Serracchiani da Tondo, in termini percentuali lo 0,35%: 39,36% contro 39,01%. Galluccio dei Cinque stelle arriva ben al di sotto, senza toccare nemmeno il 20%, e lancia alle ortiche il sogno del suo leader che sperava di superare la soglia 27% conquistata il passato febbraio. La neopresidente ha condotto una accorta campagna elettorale riuscendo a preservare per sé il volto del rinnovamento a fronte dei pasticci di Bersani. Su di lei aleggia ancora l'aura da suffragetta guadagnata nell'intervento della primavera del 2009 all'Assemblea dei Circoli del Pd che ha furoreggiato sul web per settimane. La Serracchiani, a più riprese, nel corso del mese trascorso, ha preso le distanze dalla politica dei palazzi romani. Pur avendo sottoscritto a febbraio con Pier Luigi Bersani un patto di governo per il Friuli non esita a polemizzare subito dopo con l'allora segretario per alcune candidature imposte dall'alto durante le recenti politiche. Ma la scorsa settimana è andata oltre, scaricandolo definitivamente per avvicinarsi al rottamatore Matteo Renzi. Eppure a contare nella sua vittoria arrivano forse in aiuto i voti della sinistra radicale. A ingrossare le fila dei suoi elettori ha influito la decisione del Tar regionale di non ammettere alla competizione elettorale Marino Andolina sostenuto dalla lista Sinistra, comprendente Rifondazione Comunista e il Partito dei Comunisti Italiani. L'esclusione si deve alla mancanza di una sola firma per la candidatura nella provincia di Trieste. Rimanendo la lista ammessa solo nelle altre due circoscrizioni si è trovata estromessa dal gioco elettorale anche se Andolina ha annunciato la volontà di ricorrere al Consiglio di Stato. E' improbabile però che i suoi elettori e militanti se ne siano rimasti a casa con le braccia conserte e non abbiano approfittato del liberi tutti per correre in appoggio di Debora Serracchiani. A sfoltire invece le schiere dei grillini ci ha pensato lo stesso Grillo con la sua inconcludente politica parlamentare e Galluccio con un programma debole e vago incapace di toccare il cuore dei problemi di una regione sempre più al margine dei giochi e degli interessi nazionali. Ma al di là della sorte della Serracchiani il vero protagonista della due giorni elettorale è l'astensionismo. Mai così tanti friulani e giuliani hanno deciso di disertare i seggi. Su 1 milione e 200 mila cittadini appena 554 mila degli aventi diritto hanno reputato il loro voto influente sul corso della politica. Sulla disaffezione degli elettori del Nordest ha pesato certamente la sfiducia alimentata dalle recenti vicende parlamentari. Ma in loco la delusione è montata soprattutto negli ultimi mesi. Da febbraio hanno cominciato a fioccare sui giornali locali e davanti alla Guardia di Finanza i rimborsi sospetti fruiti dai consiglieri regionali: gli scontrini di gomme da neve, bagni termali e taglio dei capelli hanno probabilmente spinto molti elettori a godersi la domenica lontano dai seggi. Per la prima volta oggi chi prende la redini della Regione governerà con il voto di appena 200 mila elettori, poco più del 15% dei cittadini del Friuli Venezia Giulia e dovrà provare a trascinare la Regione fuori dalle secche in cui vegeta. Così, con la vittoria di Serracchiani e la mancata riconferma di Tondo, perde un pezzo il progetto della macroregione: l'accordo firmato da Tondo con Roberto Maroni, Roberto Cota e Luca Zaia che avrebbe permesso di integrare le politiche e gli interessi del Friuli Venezia Giulia con il Piemonte, la Lombardia e il Veneto creando la massa critica necessaria a far sentire la voce e le esigenze del Nord a Roma.