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Facci: Grillo, il golpe, le capriole, il "boh". E, soprattutto, le cazzate

Prima invita i suoi a marciare su Roma, poi ci ripensa: la marcia diventa una conferenza stampa, il colpo di Stato "un golpettino". Intanto non si sa nemmeno quanti voti abbia preso on line Rodotà

Giulio Bucchi
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  di Filippo Facci  «Non lo so», ha detto alla fine Giuseppe Piero Grillo. E va bene, Grillo che spara cazzate è come il cane che morde l'uomo, non fa notizia, e neanche i grillini che mordono i cronisti la fanno più: ma qui si rischia di spacciare per banale anche la pazzia, anche l'assedio di una folla urlante davanti al Parlamento, anche l'annuncio di una marcia su Roma. Ricapitoliamo: il Parlamento, epicentro della democrazia rappresentativa, ha votato un presidente della Repubblica a stragrande maggioranza (deputati e senatori erano appena stati eletti) e c'è un capopartito che allora ha invitato a scendere in piazza e gridato al «golpe», che significa «atto violento, o comunque illegale, posto in essere da un potere dello Stato e diretto a provocare un cambiamento di regime». Secondo il capopartito, in effetti, era scoccata l'ora decisiva: «Ci sono momenti decisivi nella storia di una Nazione. Oggi, 20 aprile 2013, è uno di quelli. È in atto un colpo di Stato». Quindi tutti a Roma: «Dobbiamo essere milioni» (usiamo le virgolette perché le parole sono quelle, e diciamo «capopartito» perché Grillo lo è: di un importante partito, oltretutto). Abbiamo solo scordato di dire la ragione per cui in Italia ci sarebbe stato un «atto violento o illegale» e cioè un golpe: la ragione è che il Parlamento ha votato un tizio anziché un altro, non ha votato cioè il professor Stefano Rodotà che era stato candidato dal partito del capopartito, anzi neanche, «non è nemmeno un nome grillino, è un uomo del Pd, e allora perché non rispettare la volontà del popolo?» aggiungeva la capogruppo alla Camera del partito in questione, Movimento Cinque Stelle. «Rodotà è il nome proposto dai cittadini italiani» precisava a ripetizione il capogruppo al Senato.  Leggi il commento integrale di Filippo Facci su Libero in edicola oggi, martedì 23 aprile    

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