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Quirinale, Napolitano rieletto presidente della Repubblica

Giulio Bucchi
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di Claudio Brigliadori Giorgio Napolitano è stato rieletto presidente della Repubblica per il secondo mandato consecutivo, prima volta nella storia della Repubblica. Si conclude alla sesta tornata, dunque, l'elezione per il Quirinale più tribolata degli ultimi decenni. A Montecitorio, davanti al Parlamento riunito in seduta plenaria insieme ai delegati delle Regioni, Re Giorgio ha ottenuto 738 voti da Pd, Pdl, Scelta civica e Lega Nord, superando ampiamente quota 504 e dribblando i franchi tiratori democratici che tra giovedì e venerdì hanno silurato prima Franco Marini poi Romano Prodi. Sconfitto il suo "rivale" Stefano Rodotà, sostenuto da Movimento 5 Stelle e Sinistra ecologia e libertà: con 217 preferenze, ne ha incassate 10 più del previsto. Segno che nel Pd ci sono stati altrettanti "franchi tiratori". Grillo in piazza, Amato in campo - Ma la crisi rischia, invece di chiudersi, di aprirsi ora: Beppe Grillo arriverà a Roma nel tardo pomeriggio per manifestare in piazza contro "il colpo di stato dei partiti". E di golpe parla anche Forza nuova, che manifesterà sempre a Roma a fianco dei grillini. Al di là delle turbolenze, pare più in discesa la strada che porterà alla formazione di un nuovo governo. Anzi, un governissimo con Pd, Pdl e Scelta civica (forse non la Lega Nord) e Giuliano Amato o Enrico Letta premier. Un governo di scopo, che possa concretizzare misure di sollievo per l'economia e riforme costituzionali ineludibili: dal nuovo sistema elettorale alla riforma in senso presidenziale. Un passo obbligato, visto il ritorno in campo dell'88enne Napolitano a furor di partiti.  Il giuramento lunedì 21 aprile - L'elezione di Napolitano è il primo passo di un percorso a tappe forzate, perché a quasi due mesi dalle elezioni di tempo ne è stato perso a sufficienza. Lunedì il presidente presterà giuramento di fronte al Parlamento di nuovo riunito, mentre da martedì ricominceranno le consultazioni-lampo. Una formalità, visto che di fatto sul governo di larghe intese Re Giorgio ha già strappato il sì preventivo dei partiti che gli hanno chiesto di togliergli, ancora una volta, le castagne dal fuoco. L'imperativo è chiaro: avere i nomi dell'esecutivo entro il 25 aprile.     

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