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M5S, possibile una convergenza su Romano Prodi

Beppe Grillo

Una frangia di grillini pronti a dire si all'ex-leader dell'Ulivo. Uno di loro ammette: "Prodi non ci fa schifo, 20 voti si potrebbero trovare"

Sebastiano Solano
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Nell'intricata elezione del successore di Giorgio Napolitano al Colle, l'unico partito che sembra avere le idee chiare è il Pdl: un nome condiviso, Marini magari. Che però a questo punto difficilmente arriverà. Sotto il cielo del Pd, come è evidente, la confusione regna sovrana. E le acque, forse, non sono così tranquille nemmeno nel Movimento 5 Stelle. Venerdì mattina il Pd riunirà i suoi 'grandi elettori' nel tentativo, estremo e improbabile, di trovare una  sintesi tra la miriade di fazioni interne al partito. Al primo voto, quello teoricamente di convergenza su Franco Marini, ogni corrente democratica ha votato per il suo candidato. Le "Quirinarie" di Bersani: Prodi o Rodotà? Scontro Pd-Pdl sullo slittamento del voto Leggi l'approfondimento La riunione dei grillini - Ma passiamo ai grillini. Nella serata di giovedì si sono riuniti per decidere la linea da tenere in vista del quarto turno di voto. Anche tra loro ci sarebbero delle divisioni: c'è una maggioranza compatta attorno al candidato ufficiale, Stefano Rodotà, da votare a oltranza. Ma c'è poi una minoranza che, nel caso dovesse essere proposto dal Pd, sarebbe pronta a votare Romano Prodi. Le possibilità che prevalga la seconda linea sono concrete. Non solo per i  frenetici movimenti di Prodi, pronto a tutto pur di conquistare il Colle.  Prodi non ci fa schifo - La situazione la spiega bene un esponente del M5S, che vista le delicatezza del momento preferisce mantenere l'anonimato: "Stavolta non ci spaccheremo - premette - ma se si arrivasse a dover essere determinati per Prodi, i 20 voti necessari si possono trovare". Gli fa eco un altro parlamentare grillino che ribadisce: "In occasione dell'incontro al casale è stato lo stesso Grillo a dirci che Prodi non ci fa schifo". Per ora il capogruppo Vito Crimi smentisce: "Prima di Prodi, se Rodotà rinunciasse, ci sarebbe Zagrebelsky. E poi gli altri che lo hanno preceduto alle Quirinarie". Il metodo Grasso - Ma la logica, insomma, è chiara: è quella che ha condotto Pietro Grasso allo scranno più alto di Palazzo Madama, ovvero quella del 'meno peggio'. Se il M5s dovesse ritrovarsi a scegliere tra Massimo D'Alema e Romano Prodi, è il ragionamento, una frangia di grillini voterebbe per Prodi. Tra i prodiani convinti, ora, c'è pure Pippo Civati, che pure aveva ammesso di aver votato Rodotà alla prima votazione, il parlamentare del Pd forse più vicino ai grillini, con i quali negli ultimi giorni gli incontri sono stati intensi. Tutti segnali che potrebbero concretizzarsi nell'elezione di Prodi al Quirinale. Un incubo per il Pdl. E per gli italiani. 

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