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Bersani: "Fase nuova, ora altra proposta del Pd"

Pier Luigi Bersani

Andrea Tempestini
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Parola al grande ed eterno sconfitto, Pier Luigi Bersani. "Bisogna prendere atto di una fase nuova. A questo punto penso tocchi al Partito democratico la responsabilità di avanzare una proposta a tutto il Parlamento. Questa proposta sarà, come nostro costume, decisa con metodo democratico nell'assemblea dei nostri grandi elettori". Il Pd deve estrarre dal cilindro un nuovo nome su cui puntare nella corsa al Colle dopo la sonora bocciatura di Franco Marini. E quando Bersani parla di "fase nuova" sinistramente riemergono i sospetti. Anzi le (quasi) certezze: sta parlando di Romano Prodi o di Stefano Rodotà. Dopo il terremoto che ha scosso Largo del Nazareno, pare difficile che venga proposto un altro nome della "rosa" condivisa con il Pdl (Amato, D'Alema, Violante o al limite Finocchiaro). La spaccatura, infatti, sembrerebbe destinata a riproporsi. Il partito di Prodi - Né Prodi né Rodotà sono ben visti dal Pdl. Tutt'altro. Ora però le condizioni sono cambiate. Pur di provare a ricomporre i cocci del partito, Bersani potrebbe avallare la loro candidatura. Resta da capire chi la spunterà nell'assemblea dei grandi elettori. Prodi resta in sensibile vantaggio: si tratterebbe di un candidato "interno", e il rottamatore lo preferisce a Rodotà. Molte altre anime democratiche potrebbero dare il loro ok per Mortadella: dalla Bindi a Burlando, da Civati a Scalfarotto, passando anche per gli "esterni" Nichi Vendola e Bruno Tabacci. Bersani, umiliato dalle ultime evoluzioni politiche, prova a dar sfoggio di ottimismo: "Vedrete che troveremo una soluzione". La soluzione potrebbe passare per l'incontro con Matteo Renzi: si vocifera di un incontro tra i due. Il segretario da par suo smentisce: "Non mi risulta. Comunque non ci sarebbero problemi". Bersani si dice poi convinto che il Pd non imploderà per lo scontro interno al Quirinale. "Preoccupato? Certo che lo sono - ha risposto ai cronisti -, ma per il futuro dell'Italia. E' troppo solenne?", ha poi aggiunto ironico.  Babele democratica - La decisione sul cavallo su cui puntare arriverà nella primissima mattinanta di venerdì nella riunione dei grandi elettori, una sorta di "quirinarie" in salsa democratica. La riunione è prevista al teatro Capranica per le 8.15. Ma il Pd non è solo Bersani e Renzi. Le recenti spaccature lo dimostrano. Ci sono i veltroniani, per esempio, che chiedono un candidato "senza appartenenza politica". Giovani turchi e Andrea Orlando vorrebbero "una personalità istituzionale che piaccia a montiani e Sel e metta in crisi il M5S". Prodi, per esempio. Poi c'è chi avanza la candidatura di Sergio Chiamparino (i renziani, che infatti oggi lo hanno votato) e chi, già dalla vigilia, ha puntato su Stefano Rodotà (i vendoliani). Ma per Prodi spinge anche la fronda emiliana, una pattuglia di circa 40 parlamentari destinata a cozzare con i dalemiani, che puntano ancora su Baffino. Scontro sullo slittamento - Nel frattempo il Pd - dopo aver dato per primo ordine di votare scheda bianca fino al quarto turno - continua a cercare di prendere tempo. Nella mattinata di venerdì la riunione della capigruppo congiunta di Camera e Senato esaminerà la proposta avanzata dai democratici di far slittare la quarta votazione per il capo dello Stato, al momento fissata per il primo pomeriggio. La proposta è quella di uno slittamento di qualche ora ma la capigruppo potrebbe anche decidere di spostare il quarto voto a sabato mattina. Sulla proposta, il Pdl però non è disponibile ad aperture. La chiusura arriva da Renato Schifani e Renato Brunetta: "Mentre il Paese, a 52 giorni dalle elezioni, è ancora in attesa di un governo - scrivono in una nota congiunta - non si possono compiere manovre dilatorie anche per la scelta del capo dello Stato solo perché il Pd deve risolvere i suoi evidenti e gravi problemi interni".

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