Prodi, pressing su Rodotà per un passo indietro
La certezza: Franco Marini è bruciato (e alla "bruciatura" ha contribuito la moral suasion di Prodi, che ha convinto i suoi a non votarlo). Le possibilità: al Colle ci saliranno o Massimo D'Alema o Stefano Rodotà. Il jolly in drastica ascesa: Romano Prodi, appunto. Dopo il primo voto al Quirinale, ci si torna a riempire la bocca di Mortadella. Quello che veniva dato come il candidato più quotato solo qualche settimana fa ritorna in gioco. Le possibilità sono elevate. Certo non sarebbe quel "nome condiviso" chiesto dal Pdl e dai montiani. Anzi, sarebbe l'esatto opposto, perché Silvio Berlusconi vede il Professore come il fumo negli occhi. Ma Prodi gode di diversi appoggi nel Partito Democratico: Rosy Bindi, Burlando, Civati, Scalfarotto, Nichi Vendola e Tabacci. Non solo. Nemmeno Matteo Renzi sarebbe contrario. Anzi, per qualche tempo Prodi è stato il candidato "privilegiato" del rottamatore. Contrario a Prodi c'è Massimo D'Alema, in corsa per il Quirinale. L'ex premier non dispiace nemmeno a Pier Luigi Bersani, che però non può esporsi: ha sempre detto di volere un nome di unità nazionale. Grillini da convincere - Nel Pd c'è già chi si sbilancia: "Credo che alla quarta votazione giungeremo a Prodi", confida un giovane turco alle agenzie stampa. Poi c'è Pippo Civati, che lo candida ufficialmente. Esclusa la possibilità di convergere su Romano con il Pdl, resta da convincere il Movimento 5 Stelle. I grillini tentennano. Due deputati chiudono la porta e spiegano che non voteranno mai l'ex premier. Ma Sandro Gozi, prodiano della prima ora, li smentisce: "Sarei cauto a dire che il M5S non è a favore di Prodi". E di fatto il grillino Roberto Fico conferma: "E' nella top ten delle Quirinarie. Si può votare". Ma ci sono delle condizioni: "Solo in caso di rinuncia di Rodotà e di tutti gli altri potenziali candidati che hanno preceduto Prodi in classifica, da Zagrebelsky a Imposimato e fino a tutto gli altri", puntualizza Fico. In pressing su Rodotà - Già, è proprio questo il punto. Rodotà si dovrebbe tirare indietro. E proprio per ottenere questo obiettivo, secondo voci insistenti che circolano in Transatlantico, Prodi sarebbe sceso in campo in prima persona. Dopo il pressing sui suoi fedelissimi per non far votare Rodotà, sarebbe iniziato anche il pressing sul giurista. L'ex premier ha a disposizione fino a sabato sera per convincerlo: a quel punto ci sarà la quarta votazione, che non richiede una maggioranza di due terzi. Se Rodotà si sfilasse il Pd potrebbe realizzare la convergenza almeno con il M5S, evitando di eleggere un Capo dello Stato in proprio (o quasi). Al contrario, se Rodotà non si tirasse indietro, le possibilità che venga eletto proprio con i voti dei democratici (non solo di renziani e vendoliani) sono piuttosto concrete. Il Pd si piegherebbe a Grillo: sarebbe un ulteriore smacco per i democratici, che dopo il flop su Marini sono più vicini che mai al capolinea politico. Prodi, insomma, ci prova. I margini di riuscita dell'operazione sono minimi. Ma la politica può riservare grandi sorprese.