Berlusconi ora punta su D'Alema: sarà sfida con Rodotà
di Andrea Tempestini @antempestini Il segretario perde anche l'ultima scommessa. Franco Marini sconfitto, e clamorosamente, al primo giro: non è stato eletto presidente della Repubblica. Il nome condiviso con il Pdl e gradito da Silvio Berlusconi ha dilaniato il Pd. Il teorico ampio margine di maggioranza di cui avrebbe dovuto godere al voto in seduta comune tra Camera e Senato si è liquefatto. Le regole della politica sono chiare: dopo un ko del genere rialzarsi è quasi impossibile. Le possibilità che il nome di Marini la spunti al secondo, terzo o quarto turno sono bassissime. O meglio inesistenti. Baffino - La rivolta di Renzi, Vendola e franchi tiratori nel Pd (franchi tiratori che però hanno sparato anche dai banchi del centrodestra) ha avuto successo. Al netto dei rottamatori mancano oltre 200 consensi. Il "lupo marsicano" è bruciato. Gli scenari cambiano radicalmente. A questo punto nella lotta al Colle ci sono due favoriti d'obbligo: Massimo D'Alema e Stefano Rodotà. Baffino è un nome gradito al Pdl e al Cavaliere. Anzi, insieme a Giuliano Amato era la prima opzione di Berlusconi. Dal quarto voto in poi potrebbe raccogliere, oltre ai voti del Pdl, quelli dell'ampia corrente che lo segue in Largo del Nazareno. E non solo: molte indiscrezioni, sin dalla vigilia del primo voto, parlavano di Marini come di un nome da bruciare per poi convergere dal quarto voto in poi su D'Alema. Allo stato attuale delle cose, l'ipotesi ha diritto di cittadinanza (tanto che Pd e Pdl hanno annunciato scheda bianca fino al quarto voto). Se si volesse trovare quel fantomatico nome condiviso da Pd, Pdl e montiani potrebbe essere solo (o quasi) Baffino. Ci sarebbe anche Amato (ma sono troppi i veti incrociati sul suo conto), mentre Luciano Violante non gode dei favori di Bersani (che però è sempre più debole dopo il ko su Marini). Scarse le possibilità che rientri in gioco Anna Finocchiaro, appena "sopportata" dagli azzurri. Il giurista - In questo contesto prende grande quota il nome di Stefano Rodotà. Il giurista è l'uomo con cui Beppe Grillo ha reso pan per focaccia a Bersani: il comico ha usato il "metodo Boldrini-Grasso" contro il Pd. I pentastellati hanno presentato nella corsa al Colle un nome forte, spendibile. Talmente forte e spendibile che Nichi Vendola e Matteo Renzi non ci hanno pensato un secondo prima di scaricare il segretario. Il governatore e i suoi hanno votato per Rodotà e hanno parlato di "alleanza finita" nel caso in cui la spuntasse Marini. Anche il rottamatore ha spiegato che, da par suo, è meglio il giurista che Marini. Il "match point" - Ora che il "lupo marsicano" pare fuori dai giochi, la vera sfida nella corsa al Colle potrebbe essere quella tra D'Alema e Rodotà, con il secondo sensibilmente favorito a causa degli sconvolgimenti che stanno smottando il Pd, dove sarà difficile, quasi impossibile, far tornare i buoi nella stalla. La partita per il Quirinale si deciderà dal quarto voto in poi. Il primo "match ball", con tutta probabilità, si giocherà venerdì. Più probabile invece che la partita si decida di sabato.