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Napolitano: sette anni al Colle,tra Cav, Loden e dna comunista

Il suo mandato è stato il più politico della storia repubblicana: dalla nomina di Prodi, alla scelta di Mario Monti dopo le dimissioni di Berlusconi 

Ignazio Stagno
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Sette anni sono lunghi. Se poi vieni eltto al Colle senza il voto di tutti, ma solo di una parte, allora gli anni possono essere lunghissimi e faticosi. Giorgio Napolitano è al capolinea. Il suo mandato finsice qui. Il suo è stato il settennato più "politico" della storia repubblicana. Un periodo in cui Re Giorgio ha imperato giocando ai limiti della Costituzione, come ad esempio la scelta dei saggi per congelare una scelta che avrebbe costretto Bersani a mettersi con le spalle al muro. Quella di Napolitano non è stata un'attività notarile. Lui la politica l'ha portata dentro il Quirinale e l'ha fatta senza se e senza ma per tutto il suo mandato. Chi è Re Giorgio - Lui figura eminente del Pci, deputato, presidente della Camera, ministro dell'Interno, senatore a vita, ministro 'ombra' degli Esteri del Pci, membro dell'Assemblea dell'Atlantico del Nord, primo dirigente Pci invitato negli Usa, parlamentare europeo, presidente della commissione Affari istituzionali del Parlamento europeo non poteva certo fermare il suo modo di fare una volta approdato al Colle. Apparentemente si è mostrato estraneo alla lotta politica, ma non ha esitato quando necessario, a richiamare i giocatori in campo al rispetto delle regole. O ad intervenire direttamente, come per la nascita del governo Monti. Presidente politico -  E Re Giorgio nei panni del presidente intraprendente si trova a suo agio. "Sono convinto'' che ''quando i nostri padri costituenti hanno scritto la carta fondamentale non hanno immaginato per il Capo dello Stato un ruolo che si risolvesse, come si dice per i re in altri paesi, nel tagliare i nastri alle inaugurazioni'' e quindi ''ho ritenuto che il Presidente della Repubblica, secondo la nostra concezione istituzionale, dovesse prendersi delle responsabilita' senza invadere campi che non sono suoi''; ''credo di dovere sempre cercare di interpretare esigenze e interessi generali del paese anche in rapporto a scelte di governo che rispetto, perche' non posso assolutamente sostituirmi a chi ha la responsabilita' del potere esecutivo, ma che possono rientrare in un dialogo al quale intendo dare il mio contributo'', ha affermato senza esitazioni. In sette anni, Napolitano ha dato l'incarico per formare il governo a tre premier. Romano Prodi, Silvio Berlusconi e infine Mario Monti. Con il primo giocava in casa. Con il Cav le cose invece non sono andate bene. "Sarò il presidente di tutti" disse nel 2006. E' stato il presidente della sinistra.  Giustizia -  Ma nel suo settennato non mancano nemmeno le grane con la giustizia.  Nella primavera del 2007, in qualita' di Presidente del Csm richiede allo stesso organo di autogoverno della magistratura di visionare il fascicolo del pm Henry John Woodcock, titolare dell'indagine su Vittorio Emanuele di Savoia. Successivamente invita piu' volte ad interrompere la ''guerra tra procure'' in atto tra le sedi di Salerno e Catanzaro nell'ambito dell'indagine Why Not alla quale lavora, tra gli altri, il pm della citta' calabrese Luigi de Magistris. E' invece del 2012 il caso delle intercettazioni da parte della Procura di Palermo, svolte nell'ambito dell'indagine sulla presunta trattativa Stato-Mafia e che vede coinvolti, tra gli altri, l'ex ministro Nicola Mancino. Intercettazioni - relative a telefonate di Mancino che coinvolgono, sia pure indirettamente, lo stesso Napolitano e il consigliere giuridico del Colle, Loris D'Ambrosio (che muore d'infarto) - che provocano il ricorso (poi vinto) alla Consulta per conflitto di attribuzione da parte del Quirinale contro la Procura siciliana. Epilogo in Loden -  Nel 2011 arriva poi la crisi economica-finanziaria e le drammatiche difficolta' dell'Italia. Berlusconi si dimette e nasce il governo tecnico di Monti, voluto fortemente dal Presidente della Repubblica (che due giorni prima di dare l'incarico nomina l'ex professore della Bocconi senatore a vita). Napolitano sotiene fino alla fine il Loden, pur pentendosi diverse volte della sua scelta. Monti è stato voluto da lui a palazzo Chigi e la stretta su tasse e tributi è responsabilità anche di Re Giorgio. Già, Re senza corona. Una presenza quella di Napolitano che per il New York Times e' ''King George'', con chiaro riferimento al re britannico Giorgio VI, per la sua ''maestosa'' difesa delle istituzioni italiane. Di sinistra. (I.S.)      

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