"Metodo Grasso" al contrarioEcco come Grillo spacca il Pd
di Brunella Bolloli Come volevasi dimostrare, sia Milena Gabanelli che Gino Strada hanno scelto di restare fedeli al proprio lavoro e hanno lasciato il posto per il Colle al terzo classificato alle “Quirinarie” del Movimento Cinquestelle: Stefano Rodotà. La giornalista di Report ha spiegato in una lettera perché preferisce «contribuire a cambiare le cose» continuando con le sue inchieste, e il fondatore di Emergency ha promesso che sarà sempre vicino al Movimento di Grillo, ma la sua vita è dedicata alla cura delle vittime e dei feriti nelle zone di guerra. Due dinieghi scontati, che hanno aperto il campo al giurista già deputato per quattro legislature prima con il Pci, poi con il Pds. Rodotà è apparso da subito l'uomo su cui Beppe Grillo ha deciso di giocare la sua personale partita contro Pier Luigi Bersani, la carta in grado di smuovere una parte della sinistra favorevole al cambiamento e determinata a non scendere mai a patti con il nemico numero uno, l'odiatissimo Silvio Berlusconi sul quale l'accademico di Diritto Costituzionale non è mai stato tenero, anzi. L'opzione Rodotà, per il comico genovese, ha il duplice obiettivo di fare capire che il suo MoVimento fa sul serio e non intende cedere di fronte alle alchimie dei partiti, ma soprattutto che quella che era una provocazione rischia di trasformarsi nel peggiore degli incubi per il segretario Pd. Grillo ha sfidato il mancato smacchiatore di giaguari: «Bersani voti Rodotà così poi collaboreremo». Tradotto: se il Pd appoggia il nostro candidato al Colle, allora noi M5S diremo sì alla fiducia a un governo guidato dal segretario. Apparentemente un segnale distensivo, dopo i tanti «vaffa» delle scorse settimane. Il leader, per la prima volta, è arrivato perfino ad usare toni più pacati, di quelli a cui ci aveva abituato, per corteggiare il numero uno del Nazareno. Ma alla risposta dei democratici, che hanno preferito un «nome condiviso con il Pdl e Scelta Civica» (come quello di Franco Marini), il papa ligure è sbottato: «Bersani suicida». E, se non fosse chiaro il concetto, dal Friuli Venezia Giulia dov'è in campagna elettorale per le Regionali, ha rincarato la dose: «Stefano Rodotà, anche se è anziano, è uno che non fa inciuci e inciucetti». Beppe ha ricordato alla piazza che fra i compiti del presidente della Repubblica ci sarà anche quello di «fare il prossimo governo». E ha aggiunto: «Il presidente è anche capo del Csm e se metti uno che va bene a Berlusconi», ha tuonato, «vuol dire che vuoi salvare il culo a Berlusconi. E io non voglio». Parole giudicate «vergognose» dal Pdl. «Se fanno Amato o D'Alema, fanno dei mostri», ha urlato al comizio di Maniago. «Potranno condizionare tutti i processi di Berlusconi. Li hanno scelti in una notte Bersani e Berlusconi: se avessi un segretario così straccerei la tessera e andrei a cercarlo». Il suggerimento è rivolto alle truppe bersaniane, che il fondatore del Vaffa day tenta di convincere a votare il candidato grillino. «Il nostro Movimento», ha spiegato, «terrà ferma la barra su Rodotà anche negli scrutini a maggioranza semplice. L'ho sentito al telefono ed è entusiasta come un bambino. Sono sicuro che metterà d'accordo tutti». Chi vuole davvero il cambiamento, non ha che da votarlo. Un po' com'è avvenuto al Senato nel caso di Pietro Grasso: lì a proporre il nome nuovo, lontano dai palazzi del potere, è stato direttamente Bersani creando una spaccatura tra i senatori grillini, che infatti hanno contribuito ad eleggere l'ex magistrato antimafia. Nel caso Rodotà, invece, lo schema è ribaltato: il nome nuovo è uscito dalle consultazioni on line della galassia grillina e ora sono i dem a dividersi. Pippo Civati (Pd) e Tommaso Currò (dissidente grillino) ieri si sono parlati a lungo. In verità, però, non tutti i parlamentari stellati sono così certi di votare a oltranza l'ex Garante per la Privacy. Ok per le prime tre votazioni, ma poi c'è il rischio di spaccarsi se, ad esempio, rispunta Romano Prodi (ottavo alle Quirinarie), e quindi che fare? «La parola potrebbe tornare alla Rete». I grillini temono il trappolone al quarto scrutinio e vogliono prendere tempo, perfino facendo ostruzionismo in Aula. «Noi siamo duri e puri, non cretini», dicevano ieri in Transatlantico.