Quirinale, gli scenari del post-voto
In campo per prendere il posto di Napolitano otto nomi. Se venissero eletti, ecco che cosa accadrebbe: scopri quale governo ci aspetta
di Andrea Tempestini @antempestini Ultime frenetiche ore di trattive. La partita per il Colle giovedì mattina entra in Parlamento. L'identikit del successore di Giorgio Napolitano resta difficile da tracciare. Diverse le opzioni in campo: la rosa dei nomi del Pd, i candidati grillini, poi ci sono i jolly e gli "assi nella manica". Il favorito delle ultime ore resta Giuliano Amato (e con lui Luciano Violante). Non si può escludere dalla corsa Romano Prodi, mentre crescono le quotazioni di Stefano Rodotà e calano quelle di Massimo D'Alema. Fuori dai giochi Milena Gabanelli, primo nome grillino che di fatto si è autoesclusa dalla contesa (dove comunque non aveva possibilità di spuntarla). Fuori dai giochi anche Anna Finocchiaro. Sullo sfondo resta Emma Bonino, che nel "conclave quirinario" parte con quotazioni basse ma potrebbe essere la grande sorpresa. Un po' come il cardinal Bergoglio sorprese tutti lo scorso 13 marzo. Tra poche ore, al massimo qualche giorno, avremo una risposta. Ci sarà un vincitore. Per ora si può provare a riflettere sulle conseguenze che l'elezione di un nome piuttosto che un altro potrebbe avere sulla formazione di un governo. Amato e Violante - I due sono tra i nomi più quotati delle ultime ore. Rispondono all'identikit di "presidente condiviso" chiesto dal Pdl e da Mario Monti. Quel "presidente condiviso" che almeno a parole vorrebbe anche Pier Luigi Bersani. Amato e Violante sono considerati affidabili da Silvio Berlusconi, mentre sono "zombie" della Casta per i grillini. Se venissero eletti crescerebbero esponenzialmente le possibilità di un governo di scopo Pd-Pdl. Entrambi conferirebbero un incarico a Bersani. La partita poi si giocherebbe sulla squadra di governo: senza uomini Pdl a capo di qualche dicastero, il Pdl non sarebbe disposto a votare la fiducia al Pd. L'opera di "moral suasion" di Amato o Violante potrebbe però spingere i democratici a più miti consigli. Le quotazioni di Amato sono più alte rispetto a quelle di Violante perché, nel centrosinisistra, gode dell'appoggio di D'Alema, Renzi e Tabacci (Bersani non è entusiasta ma non si opporrebbe). Al contrario, Violante è inviso a Bersani e gode dell'appoggio soltanto di D'Alema. Massimo D'Alema - Scendono le quotazioni di Baffino. Il nome resta spendibile per il Pdl, ma non per Bersani e i bersaniani: le recenti sviolinate di D'Alema nei confronti di Matteo Renzi (a cui è sempre più vicino) non sono affatto piaciute al segretario. Contrario alla nomina di D'Alema anche l'eterno rivale, Walter Veltroni, che pur fuori dal Parlamento resta molto potente in Largo del Nazareno. Se venisse eletto l'unica strada possibile - con M5S pronto a gridare all'inciucio - sarebbe quella di un governo di scopo Pd-Pdl. Gli attriti con Bersani e le possibili prese di posizione di D'Alema a favore di un allargamento della squadra di govenro al Pdl potrebbero però far precipitare la situazione. Probabili nuove elezioni in tempi brevi, insomma. Con Renzi candidato premier del centrosinistra (e forse è proprio questo l'obiettivo del D'Alema delle ultime settimane). Romano Prodi - Visto come il fumo negli occhi dal Pdl, almeno a parole "scartato" da Bersani, messo in ghiacchiaia da Renzi, pare aver perso quota negli ultimi giorni. Eppure Mortadella nel Pd gode di grandi consensi: piace a Bindi, Burlando, Civati e Scalfarotto. Favorevoli alla sua elezione anche Vendola e Tabacci. Ma, ancor più importante, è nella "rosa dei nove" del Movimento 5 Stelle. La sua elezione non si può escludere. Perché? Semplice. Bersani si salverebbe dall'accusa di inciucio con il Pdl, e otterrebbe con buona probabilità l'incarico (sarebbe poi arduo trovare una maggioranza con il M5S: nonostante il voto delle Quirinarie, il Movimento resta piuttosto ostile a Prodi). Se venisse eletto la rottura tra democratici e azzurri sarebbe totale. L'unica strada, dunque, resterebbe il difficile accordo Pd-M5S. Ed è questo il motivo per cui, a Matteo Renzi, non dispiace affatto l'idea di Mortadella al Colle: la legislatura si trascinerebbe ancora per qualche mese, quelli necessari per prendersi un Pd "salvo" dall'accusa di incicucio col Pdl (magari passando per le primarie). In definitiva, ci sono molti motivi di convenienza (per Bersani, per Renzi e per i grillini) nel votare Prodi. Stefano Rodotà - E' lui il candidato scelto dal Movimento 5 Stelle alle Quirinarie. I grillini, almeno fino al quarto turno, voteranno soltanto per lui. Ovvio, il Pdl non ne vuole sentir parlare. L'apertura di Beppe Grillo ("Se lo votate possiamo parlare di un governo col Pd") ha sparigliato le carte. Bersani ci sta pensando. Tanto che Alessandra Moretti, la fidatissima portavoce, martedì a RepubblicaTv ha confermato: "Possiamo discuterne". Poche ore dopo sempre la Moretti ha parlato di "un asso nella manica. Circola un nome che, nel Pd, non si era ancora fatto". Potrebbe essere proprio Rodotà (o Cassese). Se il Pd avallasse la sua elezione, schizzerebbero le quotazioni di un governo di scopo tra democratici e grillini per una serie di leggi "anti-Casta" e "anti-Cav" (l'incarico con buona probabilità verrebbe conferito a Bersani). L'elezione di Rodotà, insomma, è tutt'altro che fantascienza. Il segretario del Pd, infatti, ha sempre detto che con il Pdl non vuole governare. Ma continua anche a ripetere che per il Colle vuole un nome condiviso (e Rodotà non lo è). Ultima osservazione, di cui in Largo del Nazareno sono ben consci: votare Rodotà significherebbe arrendersi a Grillo e ai suoi 40mila elettori alla Quirinarie. Gli elettori democratici non apprezzerebbero. E a prescindere dagli scenari alle urne si potrebbe tornare in tempi brevi o brevissimi. Franco Marini - Tra i "papabili", a suo favore si spendono Bersani, D'Alema e Fioroni (ha contro Renzi, Orfini e Reggi). Non sgradito al Pdl, favorirebbe la nascita di un governo di scopo tra azzurri e democratici. Sembrava difficile la sua elezione: la nomina spaccherebbe definitivamente un Partito democratico già ben oltre l'orlo della crisi di nervi. Nelle ultime ore di mercoledì 17 aprile, un po' a sorpresa, è stato però ufficializzato che il nome condiviso tra Pd e Pdl è proprio il suo, quello di Marini. Come previsto Renzi ha fatto subito sapere che non lo avrebbe votato, rendendo sempre più esplosiva la situazione nel Pd. Nel caso in cui venisse eletto Marini al Colle, Pd e Pdl darebbero vita a un governo di coalizione: Bersani premier e ministri di tutti e due gli schieramenti. In Largo del Nazareno, però, sarebbe guerra vera tra bersaniani e renziani (ancor più di quanto sia guerra oggi). Emma Bonino - La grande outsider. Il jolly. Il nome condiviso (da tutti, ma non dagli influentissimi voti cattolici). Una donna. Piace al Pd (Fioroni escluso), il suo passato e presente radicale raccoglie consensi anche nel centrodestra, molto apprezzata dai grillini. Potrebbe entrare in gioco dalla quarta votazione ed essere la grande sorpresa alla presidenza della Repubblica. Di fatto lascerebbe aperta ogni possibile strada per la formazione di ogni possibile governo (anche se il sentiero, come si dice da settimane, "resta comunque strettissimo"). Potrebbe essere lei la sorpresa.