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Quirinale, le sette anime del Partito democratico

Tutti i dubbi di Bersani

A due giorni dal voto in Largo del regna il caos: i "papabili" spuntano come funghi. Mentre la "rosa dei nomi" di Bersani non arriva...

Sebastiano Solano
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Quirinale, governo, Pd. Dall'esito della lotta per il Colle dipende il destino dei democratici. E in particolare del segretario, di Pierluigi Bersani, che rischia di essere sacrificato in nome della battaglia Quirinalizia. Bersani non controlla più il partito. Le direttive che partono da Largo del Nazareno vengono puntualmente disattese: i democrat procedono in ordine sparso sull'elezione del prossimo Capo dello Stato. A due giorni dal voto ci sono sette nomi ancora in campo. Chi punta su Prodi - Bersani deve presentare al Pdl la rosa di nomi. Solo ieri, lunedì 15 aprile, Silvio Berlusconi ha ricordato al segretario che "stiamo ancora aspettando". Ma i papabili sono noti: la rosa comprende Giuliano Amato, Franco Marini e Romano Prodi.  Mortadella, in via dell'Umiltà, viene visto come il fumo negli occhi. Eppure al momento - Amato permettendo - sarebbe il favorito. A spingere per Prodi al Quirinale, per motivi diversi, anzi opposti, sono sia la fazione capeggiata da Matteo Renzi, sia i bersaniani. Il rottamatore spera nel ritorno immediato alle urne (magari per guidare il centrosinitra), mentre Bersani confida nel fatto che Prodi, una volta salito al Colle, gli possa conferire un nuovo, pieno, mandato. Sul nome del Professore, infine, potrebbero confluire anche le preferenze dei grillini. Ma solo dalla quarta votazione, quando si dovrà decidere "il meno peggio".  E D'Alema... - Con Prodi eletto a perdere sarebbero Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi, che però non stanno certo a guardare. Il Lider Maximo, non è più segreto, è in cima alle preferenze del Pdl nella corsa per il Quirinale. Dalla quarta votazione il Cavaliere, con una mossa astuta, potrebbe proporre proprio D'Alema. Sull'uomo della bicameralina, con relativa facilità, potrebber riversarsi le preferenze di Pdl, Pd e Scelta Civica: i montiani vogliono scegliere un presidente condivisio dai primi due partiti. E quel nome potrebbe essere proprio quello di D'Alema, che in un colpo solo farebbe fuori il nemico storico, Prodi, e anche l'ex allievo, Bersani. Un doppio obiettivo che lo accomuna a Berlusconi. Altri nomi in gioco - Il quadro però è destinato a complicarsi ulteriormente. Ci sono altri nomi in ballo. Per esempio quello di Anna Finocchiaro, un'ipotesi di riserva per Bersani, un'idea irricevibile per Renzi. Dopo le recenti polemiche, la Finocchiaro pare fuori dai giochi, ma c'è comunque parte del partito che spinge per lei. Più cospicua e influente, invece, la spinta che ricevono gli altri due candidati in campo: Franco Marini ma soprattutto Giuliano Amato. Per Marini parteggiano le correnti che fanno riferimento a Matteo Orfini e Roberto Reggi (contrario il solito Renzi). Su Amato, invece, il consenso è trasversale. Non è il candidato "preferito" di nessuno, ma nemmeno quello più inviso: sul suo nome potrebbero convergere Bersani, Renzi, D'Alema e anche Berlusconi, che stima il "dottor Sottile". Verso l'imboscata? - Cercare di sintetizzare le miriadi di posizioni che dividono il Partito democratico non è esercizio semplice nell'arco di poche righe. La certezza, ad oggi, è che in Largo del Nazareno, a due giorni dal voto, si continuano a fare sette nomi: Prodi, Finocchiaro, D'Alema, Marini, Violante e Amato. E Bersani, come detto, continua a tergiversare sulla "rosa dei nomi". Anche il segretario - da tempo -  ha perso il comando: si trova costretto ad agire in uno scenario frantumato, che non riesce a controllare. Il timore di Pier è quello di subire un'imboscata bella e buona al momento del voto. Nel Pd ci sono almeno sette anime: impossibile metterle nero su bianco in una rosa che richiede due, al massimo tre nomi. Impossibile anche controllarle.

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