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Cresce un Baffino al QuirinaleIl Cav lo considera affidabile

Massimo D'Alema

Salgono le quotazioni di D'Alema: Berlusconi lo considera il candidato più affidabile e ha incassato il sostegno del primo cittadino di Firenze

Nicoletta Orlandi Posti
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  di Barbara Romano Sul colle più alto spunta un Baffino. Potrebbe essere D'Alema il coniglio che uscirà dal cilindro del prossimo tête-à-tête tra Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi in programma, forse, per domani. È anche possibile che alla fine salti l'incontro tra i titani (il secondo, dopo quello di giovedì scorso), visti i chiari di luna nella delicatissima trattativa tra Pdl e Pd, i cui leader non si risparmiano bordate sotto i riflettori. Ma è proprio sul nome di D'Alema che ieri si sono concentrate le telefonate di ieri tra le diplomazie degli opposti schieramenti.  A due giorni dal primo voto sul presidente della Repubblica, la soluzione condivisa ancora non c'è. Ma nonostante la molotov lanciata domenica da Matteo Renzi sui candidati della conciliazione, Franco Marini e Anna Finocchiaro, non si è spezzato il filo dei contatti tra Gianni Letta, Angelino Alfano, Denis Verdini, da una parte, e, dall'altra, Maurizio Migliavacca, Vasco Errani e l'altro Letta, Enrico, nipote del «Richelieu» di Berlusconi.  Placet fiorentino I registi dell'incontro tra il «giaguaro» e lo «smacchiatore» continuano a tessere la trama di un candidato condiviso al Quirinale che oggi più che mai corrisponde al nome del «lìder Massimo». Da sempre accarezzato da Berlusconi, il quale non ha mai fatto mistero con i suoi di sentirsi «più garantito da un ex comunista come D'Alema che da un cattolico come Prodi», l'ex capo del Copasir adesso gode anche del placet del sindaco rottamatore, dopo l'incontro con Renzi, che il rottamato per eccellenza è andato a trovare a Firenze la settimana scorsa, ponendo fine a una lotta senza quartiere ingaggiata tra i due prima ancora che iniziasse la campagna elettorale per le primarie del Pd. E sia nei corridoi del Pd sia nell'entourage del primo cittadino di Firenze raccontano che fosse questo il vero obiettivo dell'incontro a Palazzo Vecchio voluto proprio da D'Alema. Cioè, non ricucire con Renzi, dopo l'esclusione del sindaco dai grandi elettori del capo dello Stato, che Bersani ha sempre imputato ai vertici toscani del partito, ma ottenere il suo endorsement per il Quirinale. E D'Alema potrebbe esserci riuscito, a giudicare dalle parole della portavoce di Renzi, Simona Bonafè. L'identikit che la neodeputata traccia del suo capo dello Stato ideale in un'intervista ad Affari Italia, infatti, sembrerebbe corrispondere al profilo dell'ex premier ed ex ministro degli Esteri del governo Prodi: «Al Colle mi piacerebbe un Napolitano bis. O una persona con le sue caratteristiche: statura internazionale, autorevolezza morale e lungimiranza politica». E nel Pd c'è chi legge le picconate del sindaco di Firenze su Marini e sulla Finocchiaro, oltre che come un modo per Renzi di avere voce in capitolo nella partita del Quirinale, anche come un assist a D'Alema, che però Renzi evita accuratamente di nominare. Così come evita di nominarlo Berlusconi. Come se i due giocassero di sponda per non bruciare Baffino nella sua corsa silenziosa verso il Colle e non esporlo agli attacchi dei nemici, soprattutto interni al Pd. Da fonti del Nazareno si apprende che più che su un candidato, Bersani ora sta lavorando su una triade di nomi: Giuliano Amato, Marini e Romano Prodi. Sembra ormai tramontata, anche se non del tutto, l'ipotesi Finocchiaro. Ma l'ex capogruppo del Pd al Senato potrebbe essere reinserita nel trittico in un secondo momento. Anche perché Berlusconi ha ufficiosamente mostrato il suo apprezzamento per lei. Ma tramite i suoi ufficiali di collegamento con il Pd, ha fatto sapere a Bersani & co. che ribadisce il suo assenso a un candidato del Pd al Colle solo in cambio di un governo di larghe intese, che includa ministri del Pdl. Ipotesi, respinta fino all'ultimo dal segretario del Pd. Ma Bersani ha le mani legate sul futuro del Quirinale. Un obiettivo al momento sembra accomunarlo a Berlusconi, a quanto raccontano fonti del Pd e del Pdl. Nessuno dei due vuole Prodi al Quirinale. Alcuni ambasciatori azzurri hanno spiegato al Cav che i dalemiani sarebbero pronti a impallinare il Professore e che Bersani non si sentirebbe affatto garantito dall'ex presidente della Commissione Ue al Quirinale. Anche di questo, Bersani avrà sicuramente parlato ieri durante l'incontro con Mario Monti, al termine del quale segretario Pd e premier in carica hanno auspicato «massima convergenza per un presidente autorevole» Rischi giudiziari I parlamentari azzurri che credono nell'accordo in extremis col centrosinistra, puntano sui nomi di Giuliano Amato e Franco Marini, che restano i più gettonati nei corridoi dei Palazzi. Berlusconi vede Prodi al Colle come il fumo negli occhi, perché non gli garantirebbe quella pax giudiziaria invocata per affrontare le prossime incombenze processuali (caso Ruby e Mediaset, con annessa interdizione dai pubblici uffici). Con il Professore al Quirinale, il Cav sarebbe costretto ad accelerare per chiedere il voto anticipato: ipotesi che lo porterebbe dritto alla sfida con Renzi, dato favorito da tutti i sondaggi oltre che dall'età anagrafica. Il leader azzurro ha già fissato la deadline per la trattativa con il Pd: le 18 di domani, quando nell'auletta di Campo Marzio riunirà i gruppi pidiellini di Camera e Senato per dettare la strategia alle elezioni del nuovo capo dello Stato. Ma prima di allora Berlusconi spera di aver trovato l'accordo con Bersani anche se l'incontro col segretario Pd appare in bilico.  

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