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Quirinale, il dilemma di Bersani: Prodi e andare a casa, Amato o Finocchiaro per restare

Le strategie dietro al nuovo presidente: D'Alema e Renzi remano contro, il segretario Pd spera ancora di diventare premier

Giulio Bucchi
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di Claudio Brigliadori Il toto-Quirinale è una partita a scacchi in cui a diventare matto è Pierluigi Bersani. "Ne sta facendo una questione personale", accusa Matteo Renzi riferendosi alla questione-Palazzo Chigi, ma siccome i due tavoli sono uniti l'appunto è estendibile anche alle trattative per nominare il prossimo presidente della Repubblica. La situazione, seppur caotica e in continuo mutamento soprattutto riguardo ai nomi dei candidati, strategicamente è chiara: Bersani vuole tenere duro, cercare un accordo con quella parte di Parlamento che potrebbe garantirgli una poltrona da premier (chi, e per quanto tempo, è tutto da vedere). I suo nemici nel Partito democratico, in prima fila Renzi e Massimo D'Alema, tifano per mandarlo a casa e andare subito alle urne. E da gran volponi, premono non per l'inciucio ma per una scelta "di rottura" con Silvio Berlusconi: quel Romano Prodi unico nome davvero indigeribile per il centrodestra. Restare in sella o tornare alle urne entro pochissimi mesi, insomma: l'eterno dilemma del povero Pier. I nomi in lizza - Stretto nella morsa di ambizioni personali, realpolitik e ricerca del consenso in Aula e fuori, Bersani ha per le mani varie patate bollenti: sotto sotto, Prodi (che ha già incassato l'appoggio di Nichi Vendola) non dispiacerebbe neanche a lui, perché potrebbe assicurargli i voti dei grillini spendibili anche per il rebus-premier. Ma sa, il segretario Pd, che si tratterebbe di una vittoria di Pirro, minata dall'insondabilità degli atteggiamenti dei 5 Stelle. Quindi, meglio qualche candidato più morbido. Giuliano Amato, che potrebbe trovare l'appoggio del Pdl (basta leggere quanto scrive Alessandro Sallusti sul Giornale), oppure quell'Anna Finocchiaro già bocciata esplicitamente da Renzi. In questo modo, Pierluigi potrebbe guadagnarsi un appoggio strategico (e momentaneo) da parte di Berlusconi e restare in lizza per Palazzo Chigi, dove ambisce ad arrivare e restare qualche mese. Un po' per realizzare qualche punto di programma, un po' per disinnescare le ambizioni del rottamatore Renzi cuocendolo a bagnomaria. La politica, in fondo, è gioco sulla lunga distanza: l'errore di Bersani, per ora, sembra quello di non riuscire a far altro che pensare alla mossa successiva.

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