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Quirinale, il toto-candidati: Renzi e D'Alema tifano Prodi, Bersani punta su Marini

Colle legato a doppio filo a Palazzo Chigi: ecco perché il Pd si spacca sul nome. Occhio al "terzo incomodo" Mattarella

Giulio Bucchi
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La corsa al Quirinale è sempre più un rompicapo. Per Pierluigi Bersani, naturalmente. Perché è il Pd ad avere in mano i numeri per decidere in sostanziale autonomia (magari con l'appoggio di montiani e qualche grillino, alla quarta votazione) l'erede di Giorgio Napolitano. Il segretario dei dem lo sa, ma non può fare la voce grossa perché la partita è doppia. Oltre al presidente della Repubblica punta anche alla poltrona di premier e lì servirà invece una mano dall'arcinemico Silvio Berlusconi. Che la mano, per la verità, l'ha tesa: accettando un Pd sul Colle in cambio di governo di larghe intese. Il problema è che molti, nel Partito democratico, non la pensano così. Chi tifa per Prodi - La mappa è sostanzialmente chiara, anche piuttosto fluida. Da una parte quelli che tifano per Franco Marini, dall'altra quelli che rilanciano con forza la carta di Romano Prodi. Il paradosso è che chi vorrebbe il professore fino a pochi giorni fa l'avevano scartato. E' il caso, per esempio, di Matteo Renzi che si è riavvicinato a Prodi grazie anche all'intercessione del suo più acerrimo avversario, Massimo D'Alema (che briga per diventare lui, il presidente, ma ha sempre in tasca un piano B). Tra Baffino e rottamatore è scoppiata improvvisamente la pace grazie al nemico comune Bersani. Il caos democratico vuole che sia proprio il segretario che mira a Palazzo Chigi, ora, a cercare una scelta condivisa con Berlusconi (magari rimediando una poltrona a Gianni Letta) mentre metà partito sia tornato su posizioni più intransigenti. Difficile, sinceramente, capirci qualcosa. Di sicuro, c'è che i prodiani stanno tornando ad alzare la voce: Arturo Parisi, braccio destro storico di Prodi, è sempre più spesso alla Camera a tessere alleanze. Il renziano Graziano Delrio si è sbilanciato, dalle pagine dell'Unità. E pure Walter Veltroni non storce il naso.  Marini, Rodotà, Mattarella - Bersani, però, per ora tiene duro. L'ex popolare e cattolico Marini sarebbe secondo lui il nome giusto per accontentare i moderati e assicurare per sé un futuro a Palazzo Chigi. Se però la linea sempre più forte nel partito (con un inedito scambio di posizioni) sarà quella del "no" ad inciuci e intese con il centrodestra, le candidature valide restano le solite, Stefano Rodotà in testa, per raccattare i voti dei grillini (in attesa di sapere quale sarà il candidato ufficiale dei 5 Stelle). C'è poi un'ultima opzione, morbida, e a metà strada: quello di Sergio Mattarella, 72enne giudice costituzionale e fratello dell'ex governatore siciliano Piersanti (ucciso dalla mafia nel 1980). Un curriculum buono per accontentare centristi e 5 Stelle. Ma forse un po' troppo neutro per spostare voti sulla corsa a Palazzo Chigi, che a Bersani interessa tanto quanto il Quirinale.

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