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Pier-Cav, accordo sul ColleSul governo finisce patta

Bersani e Berlusconi

Ecco perché Silvio ha più motivi per sorridere: strappa l'intesa sul moderato al Quirinale. Bersani chiude all'inciucio: elezioni più vicine (e Pd spaccato)

Andrea Tempestini
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  di Andrea Tempestini @antempestini Tra le poche certezze c'è il fatto che l'appello di Giorgio Napolitano non è rimasto inascoltato. Poche ore dopo il richiamo del Capo dello Stato allo "spirito del 1976", l'incontro più chiacchierato delle ultime settimane c'è stato: Pier Luigi Bersani, il non vincitore delle ultime elezioni, al tavolo con Silvio Berlusconi. Il tutto anticipato di qualche giorno rispetto alle ultime previsioni. Dal leader del Pd non è arrivata alcuna concessione sul governissimo: la posizione espressa al mattino in tv è stata ribadita su Twitter. "Noi siamo disponibili, ma no al governissimo". Secondo alcuni indiscrezioni raccolte da esponenti del Pdl dopo il faccia a faccia, Berlusconi avrebbe ricevuto la garanzia che Bersani non proverà ad insediarsi a Palazzo Chigi con un governo di minoranza, un esecutivo che dovrebbe nascere grazie ad alchimie parlamentari, astensioni ed uscite dall'aula. Un governo che, in definitiva, potrebbe reggere per qualche mese solo con l'appoggio provvedimento per provvedimento del Movimento 5 Stelle. Un appoggio che, secondo Berlusconi, arriverebbe su alcuni provvedimenti condivisi (come il taglio dei parlamentari, delle Province o dei rimborsi elettorali), ma che si concretizzerebbe anche sulle "leggi canaglia" come quella sul conflitto di interessi o sull'ineleggibilità. L'ipotesi di un governo di minoranza, per inciso, tornerebbe sugli schermi parlamentari soltanto dopo l'insediamento del nuovo presidente della Repubblica: Napolitano, infatti, ha già respinto una volta il piano del segretario democratico. Il "moderato" - Il vero nodo della trattativa - non era un segreto e lo hanno confermato tutti i big di partito - era il prossimo inquilino del Colle. Arcinoto il motivo del contendere: il Pdl vuole una nomina condivisa, un nome di garanzia, una personalità che non serva a lisciare il pelo ai grillini. Dopo Laura Boldrini alla Camera e Pietro Grasso al Senato, un nome sbilanciato a sinistra anche al Quirinale sarebbe troppo. Sarebbe una "occupazione militare delle istituzioni", per parafrasare il Cavaliere. E su questa possibile "occupazione militare" Berlusconi avrebbe vinto la partita. Lo confermano le dichiarazioni di Enrico Letta, vicesegretario democratico: "Sarebbe bello se il 18 aprile ci fosse un presidente della Repubblica con una grande condivisione". Il vice di Bersani ha poi confermato che su questo tavolo di trattativa tra Pd e Pdl sono stati fatti significativi passi avanti: "Vogliamo trovare l'unità su un nome condiviso", ha puntualizzato. Angelino Alfano, presente all'incontro, pur tenendo alta la tensione conferma l'avvicinamento: "L'incontro con Bersani e Letta è stato l'occasione per confermare quel che abbiamo sempre detto. Il presidente della Repubblica deve rappresentare l'unità nazionale". Le garanzie sul Colle - Quelli che abbiamo esposto, in sintesi, sono i punti della trattativa, forse ora più vicina a un epilogo. Sia da via dell'Umiltà sia da Largo del Nazareno spiegano che però il lavoro non è finito. Ci saranno altri incontri. "Siamo solo all'inizio", ha detto Enrico Letta, dimenticandosi che le elezioni sono state celebrate quasi due mesi fa. Ma tant'è. Dopo questo "inizio" si possono già trarre alcune conclusioni. Chi pare averla spuntata, allo stato delle cose, è proprio il Cavaliere. Certo, sarà solo il voto di metà aprile a scrivere la parola fine al giallo, ma Berlusconi ha ottenuto quelle garanzie che voleva sul "moderato" al Colle: i vari Gustavo Zagrebelsky e Romano Prodi (Renzi permettendo), al momento, si possono archiviare.  Urne vicine - Il leader del Pdl, invece, non ottiene nulla sul nuovo esecutivo: niente governissimo, che tradotto dal semplice politichese significa che Bersani, nella sua squadra, non vuole nessun nome e men che meno ministri azzurri. Sul governo è pari e patta. Se non fosse però che il cerino resta in mano al leader del Pd e a Napolitano. Il Capo dello Stato, se come pare probabile naufragasse ogni mediazione, potrebbe provare a plasmare un governo del presidente. Ma il Pd non vuole inciuci e il Movimento 5 Stelle, escluse proposte estreme che da Re Giorgio non arriveranno, non è disposto a scendere a compromessi. Bersani così potrebbe rientrare in campo dopo un nulla di fatto, magari quando un nuovo presidente della Repubblica gli conferisse un secondo mandato. In ogni caso le prospettive non cambiano. Qualunque sia il governo che nascerà (ammesso che nasca) avrebbe vita breve. Brevissima. Le urne sono sempre più vicine. Il Pd è spaccato in correnti e dilaniato dalla lotta tra bersaniani e renziani. Berlusconi osserva soddisfatto e attende il ritorno al voto.  

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