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L'Idv, il partito non si scioglie per non perdere i soldi

Nelle casse ci sono ancora 16 milioni di euro che, se il movimento si scioglie, devono essere restituiti allo Stato

Lucia Esposito
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Sono giorni di grande tensione per Antonio Di Pietro. Uscito a pezzi dalla disfatta di Rivoluzione civile di Ingroia nelle ultime elezioni, ieri sabato 6 aprile si doveva votare un documento molto delicato, quello che l'ufficio di presidenza aveva messo a punto il 26 marzo scorso e che prevedeva lo scioglimento del partito dell'Italia dei Valori. Un partito povero di voti ma ancora con tanti soldi in cassa: per la precisione 16 milioni (di cui otto milioni in titoli, quattro in contanti e soprattutto altri quattro milioni che devono entrare come rimborsi). Al Marriot Hotel di Roma,  per votare quel documento, non si sono visti i pezzi grossi, a partire da Leoluca Orlando e Felice Bellisario favorevoli a un rinnovamento del partito. Ma l'esecutivo ha respinto quel documento, facendo felice Di Pietro che parlava di "golpe" evitato e ha annunciato un congresso per la fine di giugno in cui lui si presenterà dimissionario. "Ormai ho pochi capelli in testa, serva un cambio generazionale". E' stata quindi, per il momento, bocciata l'idea di un movimento ma spingere verso questa direzioni più che le ragioni politiche sono state le ragioni economiche. Se l'Italia dei Valori avesse chiuso avrebbe dovuto restituire allo Stato anche quel tesoretto da 16 milioni.  

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