Berlusconi: i sondaggi sono favorevoli, gli converrebbe votare però lancia l'ultimatum a Bersani
Salvatore Dama Silvio Berlusconi prosegue lungo la linea della responsabilità. Quella che lo porterà nei prossimi giorni a incontrare Pier Luigi Bersani per valutare la percorribilità delle larghe intese. Il Cavaliere dice che, visti i sondaggi, la vittoria elettorale è a portata di mano, per il Popolo delle libertà. Ciononostante, la priorità dell'ex premier non sono le elezioni, ma «il bene del Paese». Che ha bisogno di un governo che affronti la crisi economica. «Gli elettori mostrano di apprezzare la nostra proposta, al punto tale che se si rivotasse saremmo in grado, secondo gli ultimi sondaggi, di prevalere sia alla Camera che al Senato», è ciò che afferma Berlusconi in un messaggio spedito ai militanti registrati in forzasilvio.it. Eppure l'ex capo del governo non vuole forzare la mano: «Il ricorso alle urne entro giugno non rappresenta la nostra prima scelta perché noi sappiamo bene che la cosa più urgente è far uscire il Paese dalla crisi nel tempo più breve possibile». È prioritario, anzi, è «indispensabile dare vita subito all'Italia un governo stabile e forte». Per cui Silvio fa appello a Bersani. La palla sta a loro. Deve essere il Partito democratico a non rifiutare la mano tesa dagli azzurri. Altrimenti, ammette il Cavaliere, lo sbocco elettorale sarà inevitabile. «Insisterò su questo e su molto altro», preannuncia il leader del centrodestra annunciando la manifestazione che si terrà il prossimo sabato a Bari. Silvio fa il modesto: «Come sapete io non chiedo nulla per me, né ruoli istituzionali né ruoli di governo. Chiedo solo di poter continuare a svolgere il compito che mi è stato affidato ancora una volta dai nostri elettori e cioè quello di tenere unito il centrodestra e di contibuire a far uscire il nostro Paese da questa crisi che è la più grave dal dopoguerra a oggi». Berlusconi ha gestito anche la vicenda “Onida” all'insegna della responsabilità. Silvio non ha voluto sfruttare lo scivolone del presidente emerito della Corte Costituzionale per far saltare il tavolo dei saggi piantando una grana a Giorgio Napolitano. «Alla fine mi hanno detto cose peggiori, ci sono abituato», ha fatto spallucce leggendo i giudizi non lusinghieri “sfuggiti” al costituzionalista. Nessuna conseguenza politica, è stata la direttiva da Arcore. Il Quirinale ha apprezzato. Il Cavaliere “low profile” è anche giustificato dalla delicata partita in corso per la scelta del nuovo Presidente della Repubblica. «Abbiamo sostenuto con forza che, di fronte alla tripartizione paritaria dei voti uscita dalle elezioni, è impensabile che la sinistra si appropri di tutte le cariche istituzionali. Anche in questo caso noi ci siamo resi disponibili a una scelta comune perché il Presidente della Repubblica deve rappresentare un fattore di unità e di garanzia per tutti, Non un ulteriore elemento di divisione». Per il momento Bersani non ha chiuso la porta a un percorso condiviso per la scelta del Capo dello Stato che succederà a Giorgio Napolitano. La domanda è un'altra: ma Bersani è ancora capace di avere l'ultima decisione in un partito così spaccato come quello democratico? Questione alla quale il Cavaliere non sa darsi una risposta. Consapevole che a sinistra, dopo l'uscita dell'altro giorno di Matteo Renzi, sia cominciata la battaglia congressuale. Il sindaco di Firenze scalpita per prendere in mano il partito. Alcuni giorni fa, riferisce l'Agenzia Italia, l'accordo tra Pd e Pdl sarebbe stato a un passo. E si fondava su Giuliano Amato al Quirinale e su un governo con Bersani premier e Angelino Alfano vice premier. Ma il via libera pare sia sfumato proprio sull'inserimento dell'ex Guardasigilli e di altri esponenti di centrodestra nella compagine di governo. Adesso la trattativa è ripartita da zero. Si stanno valutando nomi “terzi” per il Colle. In pole ci sarebbe il ministro della Giustizia Paola Severino, anche se nelle prime votazioni (quelle a maggioranza qualificata) il Pdl potrebbe proporre il bis di Napolitano per mettere in imbarazzo i democratici. Se poi Bersani e soci decidessero di fare da soli, ciao. «Andremo ogni settimana in piazza per gridare al golpe della sinistra che occupa tutte le cariche istituzionali», Berlusconi è prontissimo a lasciarsi alle spalle questo interludio di responsabilità. Ricominciando la campagna elettorale dove si era interrotta. E se l'avversario fosse Renzi? «Noi non temiamo nessuno avversario», gonfia il petto Alfano, intervistato dal Tg1, «abbiamo le nostre proposte e siamo convinti che, se torniamo al voto, vinceremo contro qualsiasi avversario». Il segretario del Pdl invita i dirimpettai a darsi una mossa: «Il Pd deve sbloccare la situazione o dire che, per causa loro, si torna al voto». La testardaggine di Bersani ha fatto perdere fin troppo tempo: «Sono passati 40 giorni dal voto e il Pd ha incassato una mortificante reazione dai grillini».