La corsa per il Quirinale?Decide la fronda grillina
Dalla quarta votazione, alla sinistra basterebbero i 9 dissidenti per eleggere un nome gradito come Zagrebelsky o Prodi. Ma non bastano per un governo Bersani
di Tommaso Montesano I dissidenti del Movimento 5 Stelle che escono allo scoperto danno una mano a Pier Luigi Bersani. Ma solo per la battaglia per eleggere più in fretta il successore di Giorgio Napolitano al Quirinale. La trentina di parlamentari ribelli che ieri hanno disertato l'adunata convocata da Beppe Grillo nei pressi di Fiumicino, infatti, non sono ancora sufficienti per regalare al segretario del Pd l'agognata maggioranza anche a Palazzo Madama. Le votazioni per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica inizieranno il 18 aprile. Nelle prime tre votazioni, il centrosinistra per spedire sul Colle un suo candidato dovrà raggiungere i due terzi dei consensi dell'intero collegio elettorale, pari a 1.007 voti. Bersani e Nichi Vendola, però, possono contare solo su 495 voti. Troppo pochi per sperare di raggiungere, grazie al voto segreto, quota 671. Dal quarto scrutinio, però, le cose cambiano, visto che sarà sufficiente raggiungere la maggioranza assoluta dell'assemblea, ovvero 504 voti, per spuntarla. Ed è qui che il peso dei dissidenti grillini, quantificato in una trentina di parlamentari, potrebbe risultare decisivo. Al centrosinistra, infatti, in caso di mancato accordo col centrodestra basterà aggiungere i voti dei delegati del Movimento 5 Stelle per superare il quorum richiesto fin dalla quarta votazione. Magari per eleggere un nome gradito ai 5 Stelle come Romano Prodi o, soprattutto, Gustavo Zagrebelsky. Il presidente emerito della Corte costituzionale riscuote consensi tra i grillini perchè è visto come colui che «rompe gli schemi», espressione di quella «società civile» che non ammette compromessi su legalità e giustizia. Ma la musica cambia, purtroppo per Bersani, quando si tratta di fare i conti con i numeri del Senato. Come è noto, il centrosinistra a Palazzo Madama può contare su 123 seggi. La soglia da raggiungere per garantirsi l'autosufficienza è di 158 senatori. A Bersani, quindi, mancano 35 voti per centrare l'obiettivo. Da qui il pressing sui senatori del M5S, che sono 54. Pressing finora andato a vuoto. E a nulla serve l'istituzionalizzazione della dissidenza interna al movimento sancita ieri. Anche se la maggior parte dei ribelli sono senatori, infatti, come testimoniato dalla quindicina di voti grillini che hanno contribuito all'elezione di Pietro Grasso alla presidenza, si tratta di un aiuto insufficiente. Perché pure aggiungendo una ventina di senatori del M5S ai propri voti, Bersani e Vendola si fermano a 143 seggi. Ai quali bisognerebbe aggiungere, quindi, i senatori centristi di Scelta civica per centrare il traguardo.